Biogas da rifiuti a Reggio? Un’opportunità pericolosa

Desta molta preoccupazione la volontà della grande multiutility Iren di costruire un grande impianto per il trattamento della frazione umida (l’organico del bidoncino marrone) proveniente dalla raccolta differenziata (FORSU) in località Gavassa tra i Comuni di Reggio Emilia e Correggio. Un impianto da 167.000 tonnellate/anno di dimensioni tra i più grandi in Italia, 170mila metri quadri di consumo di suolo agricolo e ciminiere di 30 metri di altezza. L’impianto dovrebbe raccogliere rifiuti da almeno tre provincie emiliane: Reggio, Parma e Piacenza, ma la sua vocazione a libero mercato non esclude provenienze da qualsiasi città, aspetto pubblicamente mai smentito nemmeno dalla stessa azienda.

L’obbiettivo è quello di produrre 7 milioni di metri cubi di biogas poi raffinato a biometano da potere essere venduto sul libero mercato e premiato da generosi incentivi statali che di fatto garantiscono la sostenibilità economica dell’impianto, ma che nel bilancio di fabbisogno energetico del territorio rappresentano una percentuale irrisoria (si potrebbero alimentare 190 mezzi pesanti per un anno, peccato ne servano almeno 130 per alimentare l’impianto). A valle verranno prodotte anche 53.000 Ton/anno di compost (ammendante agricolo) di incerta qualità attraverso un processo di rifermentazione del digestato in uscita dall’anaerobiosi che ha trattene sostanze tossiche potenzialmente pericolose per la salute che possono finire nella catena agroalimentare.

Il contesto è quello di una zona a forte vocazione agricola (Parmigiano e Lambrusco ma non solo) di una frazione in una città che risulta essere la più inquinata dell’Emilia Romagna (Fonte: Arpae) nel bel mezzo della pianura padana considerata una delle regioni più inquinate d’Europa (solo in Italia sono stimate 90.000 morti da Fonte OMS). Ci si chiede il senso di questo grande investimento da 54 milioni di euro, che pagheremo noi con le bollette, e soprattutto se non siano stati sottovalutati gli impatti in termini di inquinanti dell’aria soprattutto riguardo al processo di raffinazione del biogas (polveri sottili, biossidi di azoto, CO2, diossine, formaldeide tra i tanti), dell’acqua (azoto ammoniacale), batteri sporigeni (clostridi), fenoli, furani, ftalati, del traffico veicolare (stimati in oltre 250 passaggi di veicoli al giorno) e non da ultimo delle emissioni odorose.

Leggi tutto l’articolo di Giancarlo Setti  su La Libertà del 23 gennaio

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