In Rete fra identità e «estimità»

Riflettendo sul tema della 53a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali

Già nel suo primo messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, nel 2014, Papa Francesco ha rivolto un appello affinché Internet sia “un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone umane”. La scelta del tema per la 53ª edizione di quest’anno – “Siamo membra gli uni degli altri” (Ef 4,25). Dalle community alle comunità – sembra collocarsi nella stessa linea, a conferma dell’attenzione di Bergoglio per i nuovi ambienti comunicativi e in particolar modo per le Reti sociali, dove il Pontefice è presente in prima persona attraverso l’account @Pontifex su Twitter e il profilo @Franciscus su Instagram.

Sebbene il testo del messaggio 2019 venga divulgato come di consueto solamente il 24 gennaio – in occasione della festa di san Francesco di Sales, patrono di giornalisti e comunicatori – una nota introduttiva della Sala Stampa della Santa Sede già mette l’accento sul “valore dell’interazione intesa sempre come dialogo e come opportunità di incontro con l’altro”. Viene sollecitato un pensiero sullo stato attuale e sulla natura delle relazioni in Internet “per ripartire dall’idea di comunità come rete fra le persone nella loro interezza. Alcune delle tendenze prevalenti nel cosiddetto social web – prosegue il testo – ci pongono infatti di fronte a una domanda fondamentale: fino a che punto si può parlare di vera comunità dinanzi alle logiche che caratterizzano alcune community nei social network? La metafora della rete come comunità solidale implica la costruzione di un ‘noi’, fondato sull’ascolto dell’altro, sul dialogo e conseguentemente sull’uso responsabile del linguaggio”.

Quest’anno l’incontro diocesano in programma giovedì 24 gennaio alle 17.30 nel Salone degli Armigeri del Palazzo vescovile (si veda il programma a pagina 17) verte non a caso sull’etica digitale. Ma a farmi soprattutto riflettere, dell’inquadramento che la Santa Sede ha voluto dare alla Giornata delle comunicazioni sociali, è proprio quella definizione di comunità “come rete fra le persone nella loro interezza”.
È infatti molto forte il rischio di quella che con efficace neologismo Alessandro Rondoni ha chiamato “socialitudine”: “Bisogna stare attenti “ – avverte Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione, l’anno scorso impegnato nell’incontro regionale dei giornalisti, in qualità di direttore di Tv2000, al fianco del vescovo Massimo – a non trasformare la Rete in quel che essa per sua natura non è, non necessariamente almeno: un luogo dove più ci si addentra più si perde la propria unicità, la propria identità personale rimanendo intrappolati in un gioco che finisce per annullare ogni relazione vera, ogni dialogo sincero, ogni capacità di comprensione”.

Leggi tutto l’articolo di Edoardo Tincani su La Libertà del 23 gennaio

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