Seminario anni 1930-1960. Quale preparazione pastorale?

La preparazione pastorale dei giovani preti fino agli anni ‘60 del secolo scorso seguiva ritmi e percorsi oggi certamente non proponibili e, perciò, forse anche difficili da comprendere. C’era un aspetto innanzitutto teorico svolto, il più delle volte, dal direttore spirituale che – come può confermare chi ha conosciuto don Pietro Tavaroli – sottolineava soprattutto l’indispensabile fondamento della preghiera, l’ascolto, l’incontro personale, la carità. Era una corrente formativa che si esplicava nel detto: le anime si conquistano in ginocchio, e si contrapponeva a forme di iperattivismo che puntavano tutto sulle opere sociali, sull’organizzazione, sui mezzi offerti dalla modernità. Si trattava di una riflessione allora molto sentita, anche per combattere la tentazione dell’eventuale scelta del sacerdozio come “sistemazione economica”.
Tentazione di notevole peso, soprattutto nelle famiglie dei seminaristi poveri (ed erano una buona maggioranza).
C’erano poi le esperienze estive nella propria parrocchia, accuratamente segnalate dai parroci al rettore del seminario. E c’erano, infine, le esperienze proposte dal seminario che andavano dalla preparazione all’omiletica, intesa come un sostanziale “dialogo” tra il parroco e i propri parrocchiani, alla catechesi dei giovani e degli adulti e all’attività dell’oratorio festivo gestito direttamente dal seminario per i giovani delle famiglie circostanti.
Proprio sull’oratorio ecco una preziosa testimonianza del 1949 che ci perviene dal bollettino “Così come siamo” del seminario (ciclostilato e diffuso in 500 copie), a firma di “Ragazzissimo”.

Il nostro Oratorio
Già, anche noi del Seminario abbiamo l’Oratorio domenicale! Molte sono le famiglie che vengono alla nostra Chiesetta perché più vicina della Parrocchia, e molti anche i ragazzi.
Per questi abbiamo aperto l’Oratorio, ed ogni anno due seminaristi della camerata dei Teologi fanno loro da assistenti, mentre altri insegnano loro il catechismo.
Questi fanciulli vivono all’ombra del Seminario ed hanno quindi occasione di vedere coi loro occhi la vita che facciamo. Sono certamente i ragazzi, fra quelli di tutte le nostre parrocchie, che conoscono meglio i seminaristi. Ma neanch’essi ci conoscono completamente: ci vedono solo nelle solennità delle funzioni religiose e durante le ore dei giochi.

Continua a leggere tutto l’articolo nell’inserto storico Memoria Ecclesiae con La Libertà del 16 gennaio



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