Lo confesso, non sono una “piagnona”, una di quelle persone che versano lacrime per tutto e per nulla, che paiono attribuire la stessa gravità ad un dramma umano di vaste proporzioni e alla fine di una presunta love-story tra vip. Se tutto ha lo stesso peso, niente lo ha più.
Commuoversi presuppone una sentita partecipazione, un movimento verso gli altri, per condividerne gioie e dolori, per offrire presenza e vicinanza in momenti carichi di emozioni forti.
Le emozioni influenzano il nostro agire, ma farsi sovrastare da esse significa perdere il senso, giungendo a giustificare quasi qualunque atto, purché dettato da una presunta personalissima emozione, sostituendo così la compassione con l’egoismo, che autorizza a pensare che ogni mia esigenza, anche illecita, ha più valore che quelle reali altrui, creando una situazione in cui il capriccio diviene bisogno.
Più frequente poi è l’impicciarsi dei fatti degli altri, praticato da chi ostenta la presunzione di ergersi a giudice dell’agire umano. Si corrode e corrompe il tempo proprio ed altrui, seminando germi di maldicenza, che, come rovi, soffocano la purezza dei sentimenti, negano ciò che non comprendono e vedono il male dovunque.
Leggi tutto l’articolo di Mariacristina Nasi su La Libertà del 16 gennaio