Un altro amico e – a suo modo – collaboratore ci ha lasciato: don Pietro Pattacini, deceduto il 16 dicembre 2018. Caduto sulla breccia, come si è soliti dire di questi preti, formati sostanzialmente
prima del Concillio Vaticano II, incapaci di vedere nella loro vita niente altro che la donazione e il servizio. Gli stessi studi di sociologia fatti da don Pietro all’università di Trento a null’altro – secondo le sue parole – dovevano servire che a svolgere una pastorale meglio radicata nel contesto di vita dei fedeli.
Non era uno storico. Ma la sua collaborazione alla storia della diocesi è stata quanto mai preziosa.
Una collaborazione informale, fatta di accese discussioni a tavola, durante il pranzo, quando gli animi di chi parla e di ascolta sono più aperti, più ricettivi, e l’amicizia dona sincerità e scioltezza al dialogo. Tradizionalmente la storia della diocesi tendeva a muoversi sui binari – qui già denunciati – della clericalizzazione, cioè di una storia della Chiesa locale che si identifica con la storia
del suo clero.
Storia, perciò, vista da una sola delle sue diverse parti.
La formazione sociologica di don Pietro portava a vederla, invece, nel suo complesso: nel rapporto clerofedeli, credenti-non credenti, fedeli benestanti e fedeli poveri; vescovo conte e preti di estrazione proletaria.
Il suo dialogo – mai in chiave teorica, ma sempre raccolto intorno a fatti o a situazioni di fatto; mai in funzione dichiaratamente storica, ma di pura comprensione dell’evento – veniva lentamente a riflettersi, quasi a nostra insaputa, sulle modalità della ricerca storica, sulla necessaria introduzione di nuovi dati finora tralasciati o dimenticati sullo sfondo di una voluta insignificanza.
Leggi tutto l’articolo sull’inserto Memoria Ecclesiae su La Libertà del 16 gennaio