Sant’Ilario, spiritualità mariana

Un allestimento «permanente e flessibile», nel Palazzo degli Studi, raccoglie pensieri e opere riconducibili all’indimenticato parroco

Se monsignor Margini fosse ancora tra noi, oggi – sabato 5 gennaio 2019 – avrebbe compiuto 102 anni. D’altronde che la sua presenza sia ben viva a Sant’Ilario, ventinove anni dopo la terrena dipartita, è un fatto indubitabile: di fianco al Palazzo degli Studi, in via Val d’Enza, nella palestra coperta che resiste come può al rigore invernale, confluiscono più di trecento persone per consegnare al pastore defunto e in fondo ancor più a se stesse, alla presenza del parroco attuale don Fernando Borciani, un regalo di compleanno di quelli utili, destinato a rimanere: lo “Spazio don Pietro Margini”.

È il coronamento di un desiderio a lungo cullato dal Movimento Familiaris Consortio. Il dono è custodito nel seminterrato del Palazzo, accanto all’omonimo Centro Studi, ma radunarsi sul terreno di gioco offre in effetti ancora più spazio alla folla per introdursi alla novità che sta per vedere, in ascolto di alcuni discorsi coordinati da Marco Reggiani, presidente del Comitato Don Pietro Margini e responsabile dell’associazione “Comunità di famiglie Familiaris Consortio”, e di due brani – una canzone e il canone di Pachelbel eseguito con il flauto – proposti dai bambini della classe quarta della scuola “Mariachiara” all’inizio e in chiusura di questo momento.

Il primo intervento è del responsabile generale del Movimento, don Luca Ferrari, dal 2017 docente di Teologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore presso la sede di Piacenza-Cremona, collaboratore del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.
“L’attualità delle parole – afferma – è frutto dello Spirito”: si riferisce ai testi lasciati da monsignor Margini, raccolti e divulgati a cura del Centro Studi, “parole che si fermano nel nostro cuore, ci riscaldano a distanza di anni”, anzi, paradossalmente, con l’andare del tempo appaiono vieppiù recenti.

Leggi tutto l’articolo di Edoardo Tincani su La Libertà del 16 gennaio

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