In quattro anni assistiti 5.000 lavoratori. Al via «Presidio 3.0»
Sono circa 5.000 i lavoratori migranti sfruttati o soggetti a forme di caporalato nelle campagne italiane che il Progetto Presidio di Caritas italiana ha assistito negli ultimi 4 anni, in 18 diocesi italiane. Un progetto che è diventato fiore all’occhiello delle attività Caritas, una buona prassi apprezzata anche all’estero e che ha già ricevuto numerosi riconoscimenti pubblici.
A Roma è stato presentato il volume “Vite sottocosto” che fa il bilancio di questi anni. Ed è stata rilanciata la terza edizione, il Progetto Presidio 3.0: oltre all’assistenza e tutela legale e sanitaria, alla distribuzione di beni di prima necessità attraverso presidi fissi e mobili, ora nelle 13 diocesi coinvolte si lavorerà anche in ambito culturale, coinvolgendo i datori di lavoro e le comunità dei territori. Obiettivo: la promozione della cultura dei diritti umani e della legalità.
Dal database di “Presidio” risultano 4.954 persone, di 47 nazionalità differenti, incontrate nei primi 4 anni del Progetto.
Il 60% non possiede un contratto di lavoro. Il 71% viene retribuito a giornata, il 9% a cottimo, il 10% ad ore.
L’età media delle circa 5.000 persone che si sono rivolte ai presidi Caritas nelle diocesi coinvolte è di 34 anni, il 3,6% sono minori. L’87% sono uomini, il 13% donne. L’85% ha ricevuto una istruzione primaria e secondaria di primo grado, il 15% una istruzione secondaria e terziaria. Solo l’11% dichiara di conoscere la lingua italiana.
Ci sono delle caratterizzazioni etniche a seconda dei territori: i romeni a Ragusa, i ghanesi a Caserta, i burkinabé ad Acerenza e Melfi-Rapolla-Venosa, i maliani a Saluzzo, i senegalesi a Foggia, i tunisini a Nardò-Gallipoli e Ragusa, i marocchini a Teggiano-Policastro, i gambiani a Foggia.
L’85% dei lavoratori è impiegato nell’agricoltura, il 7% nell’edilizia, l’1,6% nel settore domestico. Due terzi dei lavoratori hanno familiari in Italia. La maggioranza delle persone assistite ha ricevuto risposte a bisogni di base come vitto, vestiario, fornellini per cucinare. A circa 2.000 persone è stata fornita assistenza sanitaria. A molti anche consulenza legale.
Continua a leggere l’articolo di Patrizia Caiffa su La Libertà del 5 dicembre