Gli esercizi spirituali predicati da don Pagliari a presbiteri e seminaristi
“Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11).
Dal 5 al 9 novembre presso il centro di spiritualità di Marola, un buon numero di presbiteri reggiano-guastallesi insieme ai seminaristi della Diocesi, guidati dai loro superiori, hanno partecipato agli esercizi spirituali, predicati dal nostro don Carlo Pagliari, incaricato del Servizio diocesano per la Pastorale Giovanile nonché direttore del medesimo ufficio, e consulente ecclesiastico diocesano per il Centro Sportivo. Nella giornata di giovedì 8 sono poi saliti a Marola anche una dozzina circa di “preti giovani” – quelli entro i dieci anni dall’ordinazione presbiterale – in occasione del loro consueto incontro di formazione mensile, che hanno ulteriormente arricchito l’atmosfera degli esercizi. Il tema degli esercizi è stato il cosiddetto Libro della Gloria, o Libro dell’Ora, ossia la seconda parte del Vangelo di Giovanni (Gv 13-21), il medesimo tema dell’anno pastorale per la nostra Diocesi. Se nella prima parte del quarto Vangelo, il cosiddetto Libro dei Segni, si può leggere il viaggio del Verbo nell’uomo, nella seconda parte invece troviamo la risalita del Verbo al Padre, non solo nel suo consegnarsi nella Pasqua, ma anche nel divenire la Via Maestra, quella da percorrere per gli altri uomini, la via del sacerdote, mediatore tra Dio e il Padre.
Dal presbitero Giovanni ai «nostri» presbiteri
Il metodo seguito da don Carlo è stato efficace e fecondo: al mattino la meditazione era in larga parte incentrata sulla lectio di uno o più capitoli evangelici, con la sottolineatura del messaggio che l’apostolo Giovanni intendeva dire alla sua comunità. Bisogna infatti tenere conto che san Giovanni ha scritto il Vangelo per rispondere a questioni precise che stava affrontado la sua comunità, ormai intorno al 90 dopo Cristo. Era una comunità sotto pressione, perseguitata dai Romani e allontanta dalla sinagoga ad opera dei Giudei, una comunità ormai, affaticata, sfiduciata, lontana dagli eventi della Pasqua, già strutturata liturgicamente ma comunque con problemi di comprensione dell’Eucarestia.
Se ci si pensa bene, non è una situazione così dissimile da quanto stanno vivendo oggigiorno le nostre comunità vristiane, strutturate, ricche di storia e tradizione, ma forse stanche, un po’ sfiduciate, animate, a volte, da una flebile speranza. Ecco allora che grazie alla meditazione di don Carlo, l’apostolo Giovanni, il presbitero Giovanni, è divenuto il termine di paragone con cui chi era agli esercizi si è confrontato. Cosa può fare un prete, o un ragazzo in cammino verso il sacerdozio, che si trova in una situazione simile? Può portare le persone a lui affidate al Cristo crocifisso, morto e risorto, che è nell’amore del Padre e che tutti può portare al cospetto del Padre; al Cristo che infonde forza e speranza nei personaggi che incontra, che fa vedere squarci dell’eterenità gloriosa – si pensi alla Maddalena, incontrata nel giardino il Primo Giorno, quello della Risurrezione – e che trasforma le nostre povere attività in vera e propria pesca miracolosa, come ha fatto con alcuni apostoli sulle rive del mare di Tiberiade (Gv 21). Ecco allora che dobbiamo trarre esempio da Giovanni, affinché anche noi possiamo “scrivere il nostro Vangelo” per testimoniare il Cristo Risorto alle persone che incontriamo. Così facendo, è possibile vedere e vivere la dinamica pasquale, ed è possibile agire nelle nostre comunità con la Speranza che ha radici in Dio, e che può far la differenza nella storia.
Leggi tutto l’articolo di Sebastiano Busani su La Libertà del 21 novembre
