Il primato dell’Archivio di Guastalla

L’inaugurazione dopo sette anni di lavoro. Parla Milo Spaggiari

La sua corsa è partita da lontano, ma alla fine è riuscito a tagliare il traguardo raggiungendo anche, come vedremo, un bel primato. Stiamo parlando dell’Archivio Abbaziale e Diocesano di Guastalla, inaugurato e benedetto il 3 novembre scorso, proprio nel giorno del 72° compleanno del nostro Vescovo. Infatti è stato presentato, al termine della solenne celebrazione nella Concattedrale in memoria di san Carlo Borromeo (si veda a pagina 5), dal Vicario generale monsignor Alberto Nicelli proprio come un regalo di tutta la Diocesi a monsignor Massimo Camisasca. Don Augusto Gambarelli, responsabile dell’Archivio diocesano, ha illustrato brevemente, ai tanti fedeli presenti, il cammino della città di Guastalla dalla sua nascita, dal punto di vista religioso – come pieve della diocesi di Reggio, citata in una bolla di Ottone II datata 980 – fino ai nostri giorni, quando nel 1970, con la morte del vescovo Zambarbieri, la Santa Sede dispose l’unificazione con la diocesi di Reggio Emilia. Il taglio del nastro e la solenne benedizione hanno dato il via alla visita dei quattro locali, perfettamente ordinati, dove alcuni documenti rari erano stati esposti per l’occasione dell’apertura ufficiale dell’Archivio.

La corsa, dicevo, è partita da lontano, quando era in gestazione la Storia della Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla e gli archivi del territorio guastallese erano di difficile consultazione, perché sparsi in diverse sedi. L’esigenza di radunare tutti questi documenti in un unico luogo venne da monsignor Giovanni Costi, uno degli autori della Storia, che aveva lamentato proprio la difficoltà di consultarli. Con l’approvazione del vescovo Adriano e sotto la guida non solo morale, ma anche materiale, dell’allora parroco della Concattedrale don Alberto Nicelli, si decise di partire. Ma come sempre fra il dire e il fare c’era di mezzo, anche stavolta, il mare, in questo caso un mare di lavoro.

Continua a leggere l’articolo di Giuseppe Maria Codazzi su La Libertà del 14 novembre



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