Oster: «Siamo troppo poco appassionati»

Monsignor Stefan Oster, classe 1965, vescovo di Passavia dal 2014 è salesiano e partecipa al Sinodo dei giovani in qualità di referente per la pastorale giovanile della Conferenza episcopale tedesca. In questi giorni, racconta, “abbiamo di nuovo ascoltato tanti interventi, ma non c’era tantissimo”, un elenco di “si dovrebbe, bisognerebbe”. Servirebbe una “conversione generale, ma il problema è che non avviene a comando: sarà una sfida riuscire a fare un passo avanti nelle grandi questioni che riguardano i giovani e mi chiedo se si riuscirà”. Il vescovo cita i temi della sessualità, ruolo della donna, digitalizzazione, giustizia, libertà.
Forte e arricchente l’esperienza di Chiesa universale che si vive in queste settimane a Roma, anche se “emerge la diversità culturale estremamente grande” tra i vescovi: “Alcuni ritengono che sia tutto ancora molto Europa-centrico; che si producano documenti all’occidentale, elaborati e intellettuali; altri dicono di avere problemi completamente diversi con i giovani. Sentiamo anche orientamenti diversi tra chi vuole conservare e altri che vogliono andare avanti proprio sui temi caldi”.
Rispetto al Sinodo sulla famiglia, però, “il clima è pacato, ci sono alcune polarizzazioni, ma ad esempio nel gruppo di lingua tedesca arriviamo sempre a un consenso”.
Rispetto ai giovani presenti al Sinodo, monsignor Oster li definisce “pii, professionali, cattolici: non sono le voci di adolescenti o di diciottenni che hanno un rapporto difficile con la fede. Bisognerebbe che diventassero più udibili le voci dei giovani che vivono nel mondo e non hanno, o non vogliono avere, niente a che fare con la Chiesa”. Rispetto a questo, comunque, è già “stato sensazionale il pre-sinodo, voluto dal Papa”.

L’intervento del vescovo Oster nell’aula sinodale è stato incentrato sul tema della libertà, perché è una questione “importante per i giovani”. Alla base della libertà c’è l’esperienza del sentirsi amati: “Mi diventa sempre più chiaro che veramente liberi ci si può sentire quando si sente di essere amati e presi sul serio, apprezzati, in modo autentico; allora si diventa liberi e ci si può abbandonare perché c’è qualcuno che ci sostiene. E i giovani hanno bisogno di vivere l’esperienza di sentirsi sorretti, sostenuti”.
Per i giovani è importante l’autenticità e non è possibile l’autenticità senza libertà interiore. A questo si lega tutto il discorso sugli abusi: “Anche io sacerdote, pastore mi devo sentire libero in modo autentico, devo sentirmi a casa in Qualcuno, per poter fare in me lo spazio agli altri perché diventino se stessi, senza che questo sia possesso, manipolazione. Se ci si frappone tra i giovani e Dio in modo manipolativo, allora è abuso”.

Rispetto alle decisioni che il Sinodo potrebbe indicare su tanti fronti, lascia intendere il vescovo, “ci sono persone anche nella Chiesa che chiedono se si va avanti, se si possono intravedere delle aperture” tenendo come riferimento la coscienza, “ma alcuni temono che diventi troppo soggettivo”.

Continua a leggere l’articolo di Sarah Numico su La Libertà del 31 ottobre



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