Una storia… un messaggio

Quello che amo del mio lavoro è il  rapporto empatico che si crea con i proprietari degli animali che curo. Il veterinario si occupa di una sfera di sentimenti particolare e, nel tempo, diventa un amico, a volte depositario di confidenze, e a me è sempre piaciuto “ascoltare”.

Capita così che, tra una visita e l’altra, venga richiesto un consiglio non di natura medica.

Il rapporto con gli animali ha mille sfaccettature, ognuno lo modula a seconda delle proprie esperienze di vita. Alcune situazioni vanno trattate con delicatezza, per esempio i rapporti di vicarianza (la classica coppia che non può avere figli) o di surrogazione (genitori che si prendono cura dell’animale del figlio deceduto).

Una volta una ragazza mi ha chiesto una particolare attenzione per il suo gattone perché lì si era reincarnato il padre defunto. Io cerco di rispettare il punto di vista di tutti, non lo ritengo opinabile, ognuno attraversa la vita come meglio crede.

Sabato sera vengo chiamata per una visita urgente: una ragazza che non conosco, sui 35 anni, con il suo gatto che sta male. La visita si svolge quindi nella tranquillità dell’ambulatorio chiuso. Il gatto viene sedato e comincio a fare gli esami del caso. Non ricordo bene il punto di partenza ma la proprietaria, con inflessione straniera, mi dice che è sposata con un ragazzo italiano: le vuole bene, non beve, non la picchia. Lì per lì non do importanza alla frase e continuo gli esami. Poi le chiedo da quale Paese provenga e lei comincia a raccontarmi di essere scappata da un matrimonio fatto di violenze e soprusi. Mi mostra una cicatrice vicino al labbro, frutto di un pugno in pieno volto. Mi racconta una storia di alcolismo, violenze fisiche e morali, mi dice “Faceva di me ciò che voleva”… Al primo tentativo di fuga lui la raggiunge e comincia a “giocare a pallone” (questa l’espressione usata) con il suo corpo a terra e, mentre lei vede solo polvere, qualcuno passa e lo ferma… la salva.

Un giorno sua zia riesce a darle dei soldi e… finalmente la fuga in Italia, dove conosce un uomo buono, che non beve, non la picchia. Lui ora vorrebbe un figlio e lei vorrebbe davvero darglielo, ma le violenze subite e gli aborti conseguenti hanno creato qualche problema. Mi dice “Abbiamo cominciato un percorso…. vediamo se riusciamo…”, perché quest’uomo buono, che non beve e non la picchia, lo meriterebbe proprio

Finiti gli esami le comunico il problema e concordiamo le possibili soluzioni. Lei si commuove per il suo micio che sta male, mi dice che ora non ha soldi con sé ma lunedì li porterà (e così è stato) perché lei non lavora, ma suo marito sì, ed è buono, e i soldi per il gatto glieli dà volentieri.

E io immagino un bambino in una casa tranquilla, dove un bel gattone fa le fusa sul letto….  nessuno che beve…. nessuno che picchia!

Per commentare la rubrica scrivi a valeria.manfredini@laliberta.info

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