1948-2018: tempo di ricostruire

Conversazioni con Aldo Cazzullo sulla nuova opera

Leggendo “Giuro che non avrò più fame”, il nuovo libro di Aldo Cazzullo (Mondadori, 254 pagine, 18 euro), rimangono in bocca sapori stridenti: il dolciastro della nostalgia per il mondo dei nostri avi si mescola all’amaro per il cinismo crescente, il rimpianto lotta con la speranza. Ma il tono di fondo è positivo, perché a muovere la penna dell’infaticabile giornalista-database e oratore-anchorman è un profondo amore per il nostro Paese. “Il primo film che le nostre nonne e le nostre madri andarono a vedere dopo la guerra fu Via col vento. Molte si identificarono in una scena: Rossella torna nella sua fattoria, la trova distrutta, e siccome non mangia da giorni strappa una piantina, ne rosicchia le radici, la leva al cielo e grida: «Giuro che non soffrirò mai più la fame!». Quel giuramento collettivo fu ripetuto da milioni di italiane e di italiani. Fu così che settant’anni fa venne ricostruito un Paese distrutto”: così l’autore scrive per motivare il titolo.

Utile anche il sottotitolo – “L’Italia della Ricostruzione” – per farci capire che nei dodici capitoli del volume viene ripercorso non tanto il periodo del boom quanto quello che lo precedette. Cazzullo fa una eccellente cronaca storica partendo da una data simbolica, il 1948. Quell’anno l’Italia va al voto, il 18 aprile, e come noto sceglierà la Dc, la Chiesa, l’America; l’11 maggio viene eletto il primo presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, mentre dopo l’attentato a Togliatti del 14 luglio arrivò la certezza che la rivoluzione comunista non poteva aver luogo. Nel mondo il 1948 è l’anno in cui nasce Israele, si disputano le Olimpiadi di Londra, in India Gandhi viene assassinato e negli Stati Uniti Truman vince la corsa alla presidenza con una rimonta che ha dell’incredibile.

Il punto di partenza da cui Cazzullo prende le mosse per paragonare la società attuale a quella di settant’anni fa è che anche oggi, come allora, c’è bisogno di una rinascita, c’è da scrivere una pagina nuova nella storia del Paese. Ci sono macerie fisiche, come ora a Genova o nei tanti paesi terremotati del centro Italia, e ci sono rovine morali. Il messaggio è che non possiamo vivere prigionieri dei ricordi, ma nemmeno dimenticare il passato. E imparare dai nostri padri e dai nostri nonni, e forse ancora di più dalle nostre madri e dalle nostre nonne, a scavare da noi stessi creatività, generosità, capacità di comunione fraterna.
Siamo un Paese di cattivo umore e impigrito, constata Cazzullo: le figure dei “Ricostruttori” più o meno celebri – Cazzullo si sofferma su diversi profili, da Vittorio Valletta a Enrico Mattei, da Adriano Olivetti a Lina Merlin – ci trasmettono una grande voglia di riscatto.

Continua a leggere tutto l’articolo di Edoardo Tincani su La Libertà del 10 ottobre

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *