Viaggio in Libano: due giovani tra i profughi siriani

Quarto viaggio di una nostra delegazione nel campo di Tel Abbas

Tramite la Caritas diocesana in collaborazione con Operazione Colomba e Comunità di Sant’Egidio sono arrivate nei mesi scorsi a Reggio cinque famiglie di profughi siriani accolte nelle nostre parrocchie. La comunità di Sant’Egidio ha ancora a disposizione circa 800 visti (accordo fatto con lo Stato italiano) ma mancano le strutture disposte ad ospitare. Per tenere viva l’attenzione al dramma dei profughi siriani pubblichiamo l’articolo sull’esperienza estiva di due giovani che si sono recati a Tel Abbas, in Libano.

Mercoledi 15 agosto, assieme a Luca Cilloni, siamo partiti per il Libano dove ci siamo recati al campo profughi di Tel Abbas che dista circa 3 ore di macchina da Beirut e 5 km dal confine con la Siria. E’ stato questo il quarto viaggio di una piccola delegazione organizzato da Caritas diocesana e Case della Carità per conoscere ed approfondire il dramma che stanno vivendo milioni di siriani costretti a scappare dalla loro terra a causa della guerra e rafforzare il rapporto con le famiglie siriane che sono state accolte nelle nostre comunità. La motivazione che mi ha spinto ad intraprendere questo viaggio è stata quella di cercare di capire, conoscere direttamente senza filtri la realtà che vivono i profughi siriani, cosa significa scappare dalla guerra e vivere in tenda in un campo di rifugiati, condividere un pezzettino delle loro sofferenze e speranze.
Ringrazio pertanto don Filippo della Casa della Carità e Marco della Caritas che mi hanno dato l’opportunità di fare questa esperienza.

Al campo profughi di Tel Abbas vivono 40 famiglie e operano i volontari di Operazione Colomba; al momento sono sei ragazzi: Antea, Giulia, Valeria, Ilona, Simona e Alessandro, i quali ci hanno accolto con simpatia e disponibilità seguendoci in tutti i momenti della nostra permanenza, facendoci conoscere da vicino la realtà della vita al campo.
Mi ha colpito di loro che vivono come e assieme ai profughi, li visitano e li accompagnano, alcuni di loro parlano arabo.
La vita delle persone al campo è dura, i profughi abitano in tenda in spazi molto ristretti; le tende sono fatte con assi di legno e teli isolanti; il terreno su cui sorgono è di proprietà dei libanesi che chiedono un affitto da pagare.
In media una famiglia è composta da sei, sette persone, dormono l’uno accanto all’altro sopra dei materassi e durante il giorno lo stesso spazio diventa il luogo dove si vive la giornata, si consumano i pasti e si condivide la vita.
I bagni sono esterni alla tenda e sono comuni in condizioni igieniche sanitarie non sufficienti.

Continua a leggere tutto l’articolo di Fabio Vandelli su La Libertà del 26 settembre

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