Scusa, ma…

“Scusa, ma…”.
Il suo telefonino sta squillando.
Lui allarga sconsolatamente le braccia per farti capire che gli dispiace che lo chiamino proprio durante la nostra conversazione, poi, con fare fra il dispiaciuto e il compiaciuto, cerca il telefonino reo del misfatto.
“Scusa, ma…” ripete, allargando di nuovo le braccia per rinnovare il suo senso di impotenza. Poi risponde, e ti molla lì come un babbeo.
E non sai cosa fare!
Ci fosse lì vicino almeno qualcosa di interessante su cui concentrare l’attenzione; che so io, un bel palazzo da vedere, anche se non te ne può fregare di meno, o un cartello da leggere, non importa se risalente alle elezioni dello scorso anno. Rappresenterebbero un’ancora di salvezza destinata non tanto ad alleviare la tua alquanto critica situazione, quanto a far capire agli altri che è tutto normale, che va bene così.
Mentre invece non va bene proprio per niente, soprattutto quando lui, preso dalla foga della conversazione telefonica, ti volta addirittura le spalle e comincia a camminare avanti e indietro togliendoti definitivamente di mezzo.

Ma chi è ’sto fesso che lo sta chiamando, pensi, e vieni preso da un senso di frustrazione e di impotenza mentre comincia ad aleggiare un pericoloso calo di autostima sconfinante a volte in vere e proprie crisi esistenziali.
Sarà più importante di me, sicuramente, se no non mi mollerebbe in questa maniera, continui a pensare cercando un alibi al suo comportamento e un sollievo al tuo avvilimento; a meno che la sua considerazione nei miei riguardi sia di così scarsa consistenza da farlo sentire autorizzato a tale comportamento, continui a rimuginare ricadendo di nuovo nell’autocommiserazione.

Leggi tutto l’articolo di Franco Zanichelli su La Libertà del 29 agosto

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