Quel naufragio d’un matrimonio fra lei cristiana e lui musulmano

Continua la pubblicazione degli articoli di approfondimento sull’Islam. Ricordiamo che presso la nostra redazione è disponibile la raccolta degli articoli di “Alfredo” editi nel 2017.

La vicenda che mi accingo a raccontare è realmente accaduta, circa 55 anni orsono, e coinvolse una cugina di chi scrive e uno studente musulmano siriano.
Maria era una sartina cattolica osservante di un paese del basso Polesine, che vestiva studentesse sue amiche e coetanee della buona società, che frequentavano l’Università di Padova. Spesso veniva invitata dalle amiche a spettacoli teatrali, feste da ballo, incontri culturali con studenti, fra i quali vi erano dei giovani universitari musulmani. A quel tempo l’Islam era sconosciuto a gran parte della popolazione italiana. Questi ragazzi musulmani, di ottime famiglie, si comportavano con estrema cortesia e raffinatezza. Non erano molto osservanti della loro religione, poiché non disdegnavano di bere con moderazione vino e alcolici, di ballare, di frequentare le nostre spiagge nei mesi estivi, di guardare qualsiasi programma della nostra televisione. Questo portava le nostre ragazze a pensare che i loro conoscenti musulmani fossero tolleranti, sul piano umano, ed assimilabili ai loro coetanei cristiani.

Alcune di loro, compresa Maria, si sposarono con rito cattolico e con la dispensa del vescovo, al quale il loro futuro sposo fece promessa solenne di allevare la prole secondo la religione cattolica. Conditio sine qua non sarebbe stato celebrato il matrimonio. La famiglia di Maria si oppose con tutti i mezzi al matrimonio con un musulmano, ma dovette cedere e adeguarsi alla risoluta volontà della figlia.

Maria e Tareq ebbero due figli maschi, ambedue allevati cristianamente sulle ginocchia della madre, ambedue laureati e felicemente sposati con il rito cattolico. Tareq raggiunse un’ottima posizione sociale, divenendo responsabile di una struttura medica con diversi dipendenti. Il vecchio padre di Tareq, conosciuto più tardi da chi scrive in Siria, incitava comprensibilmente i figli a ritornare in patria, per svolgere un’attività nel loro paese. Cosa che Tareq fece, lasciando la sua prospera attività di lavoro in Italia, per andare ad esercitare in un villaggio sperduto della Siria per ben cinque anni. Maria manteneva il contatto con la comunità cristiana della città di Aleppo in cui vivevano, frequentando assieme ai bambini, la santa Messa e le funzioni religiose cattoliche, con l’assenso del marito. Ben presto, le numerose rivolte popolari e militari contro il regime del vecchio Assad, dovutamente nascoste alla stampa internazionale, le condizioni miserevoli di vita, senza la prospettiva di un futuro per i figli, resero inderogabile il loro ritorno avventuroso in Italia.

Leggi tutto l’articolo di Alfredo su La Libertà del 22 agosto

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *