Indimenticabile don Ercole

Moriva trent’anni fa. Sassuolo lo ricorda con il vescovo Monari

Saranno 30 anni il prossimo 9 agosto…
Nella Sassuolo sonnecchiante e deserta il suono a martello delle campane di San Giorgio irruppe nella calura delle piazze centrali, greve eco di un temuto annuncio che sferzava il cuore della città: “è morto don Ercole!”.
Un grave malore lo aveva colto il giorno precedente verso mezzogiorno, mentre era in Villalunga, tra confratelli… Le convulse telefonate, il ricovero, le speranze, gli altalenanti bollettini medici , poi.. il fiume impetuoso della sua vita terrena acquetato nell’abbraccio del suo Signore, verso l’ eterno: de morte transire ad vitam.
Sassuolo, sgomenta e incredula, pianse, vegliò la salma con preghiere, canti e presenze silenti; indisse il lutto cittadino per il giorno delle esequie; listò a lutto il gonfalone comunale; attraverso le parole dell’Amministrazione e delle altre pubbliche istituzioni espresse profondo dolore per il grande vuoto che si creava anche nella vita sociale, civile e culturale della città.

Nella sua autentica vocazione al servizio di Dio e dell’uomo, don Ercole si sentiva parte della vita della polis, della sua attualità e della sua storia e nella facondia delle sue omelie, nei suoi scritti, nel suo operare di cittadino e di sacerdote sapeva metterla in dialogo con la buona notizia del Vangelo.
Era arrivato a Sassuolo nel 1956 ventiseienne cappellano, direttore dell’Oratorio. Le sue antenne di prete giovane, di stazza imponente non solo nel fisico, captavano i segni premonitori di quella primavera della Chiesa che Giovanni XXIII (eletto nel 1958) avrebbe annunciato col Concilio e che Paolo VI avrebbe condotto a piena maturazione. Sassuolo, paesone sotto i 10.000 abitanti, con i piedi in provincia di Modena e l’anima in diocesi di Reggio, era già in odore di centro industriale, con i camion alle cave di terra e i primi sodalizi di imprenditori coraggiosi e creativi; con l’entusiastico orgoglio di operai provenienti dall’agricoltura, la novità di donne al lavoro nelle ceramiche, e il susseguente arrivo di intere famiglie dal centro e dal sud dell’Italia.

Don Ercole metteva, senza risparmio , le sue spiccate doti di sacerdote e di uomo al servizio della sua visione pastorale di “edificazione della comunità cristiana” e ben presto vide il suo ministero spaziare oltre l’ambito dell’Oratorio, per nuovi incarichi e perché monsignor Pellati ne capiva la lungimiranza e gli dava strada. Coadiutore nel 1975, con diritto alla successione, nel 1982 divenne parroco. E nel corso del suo ministero Sassuolo “studiava” da leader della Piastrella Valley: si trovò in pieno boom economico, demografico ed edilizio; divenne una Galilea delle genti in cerca di soggiorno di casa e di lavoro; visse trafelata tra il prolificare delle fabbriche, delle tecnologie, dell’indotto, della lotta all’inquinamento, delle conquiste sindacali, della contestazione studentesca… Don Ercole si adoperò instancabilmente, per darle un cuore grande , un respiro di forte spiritualità, uno spirito collettivo solidale; la aiutò a vincere la diffidenza, forse l’avversione, per il “diverso da noi”, con la collaborazione delle comunità parrocchiali arrivate a otto.

E la sua missione fu resa feconda dal suo carisma del costruire ponti in mattoni e pietre vive; del fraternizzare; dell’entrare in empatia con autorità, prelati, imprenditori, gente semplice, studenti e professori, giovani e anziani, portando la sua carità in pensieri, parole e opere, fino agli orizzonti intra ed extradove arrivava il suo ampio sguardo. “Veh, te che sei mio amico!…”, e si finiva con svariati tir di camion a Varsavia o con una chiesa a Sumatra. Dei suoi 35 anni di sacerdozio 32 erano stati a Sassuolo!

Continua a leggere tutto l’articolo di Pellegrina Pinelli su La Libertà del 25 luglio



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