Era gremita all’inverosimile di fedeli, sacerdoti, religiose e autorità la cattedrale di Reggio nel tardo pomeriggio del 29 giugno 1983 – festa dei santi Pietro e Paolo – per la consacrazione episcopale di don Camillo Ruini, presieduta dal vescovo Gilberto Baroni (si veda la foto). Poche settimane prima, monsignor Baroni aveva convocato in vescovado i rappresentanti dell’associazionismo cattolico e i suoi collaboratori per comunicare che Giovanni Paolo II aveva nominato monsignor Camillo Ruini vescovo ausiliare, assegnandogli la sede titolare di Nepte.
All’annuncio, si erano avvertite nella sala emozione, commozione, soddisfazione per la nomina che premiava un sacerdote di cui “tutti, sacerdoti e laici, apprezzano ed ammirano la spiritualità solida e profonda, l’equilibrio, l’amore alla Chiesa e alle anime, lo spirito evangelico”, ebbe ad affermare il vescovo Gilberto. E annotò: “I sacerdoti lo hanno avuto maestro e lo sanno studioso serio, colto, profondo e dotato di chiarezza e precisione. I laici ne conoscono la genialità e la capacità organizzativa, la parola chiara e suadente, il temperamento sereno e l’operosità indefessa”. A questi sentimenti si aggiungeva nei presenti la certezza che la nomina ad ausiliare sarebbe stata solo il primo gradino di un “cursus honorum” che avrebbe portato “don Camillo” a responsabilità sempre più alte, sino alla presidenza della Cei e alla guida della Diocesi di Roma, quale vicario di due papi: Giovanni Paolo II e Benedetto XVI; nonché alla porpora cardinalizia.
Leggi l’articolo di Giuseppe Adriano Rossi su La Libertà del 4 luglio