Tra le intense pagine del romanzo di Mariantonia Avati
Una madre compie un lungo viaggio per arrivare al giorno in cui suo figlio sarà ucciso. Sa da sempre – da quando il segreto della sua gravidanza le è stato svelato e ha scoperto che avrebbe dato alla luce un uomo destinato a mutare le sorti di tutti gli altri – che questo momento sarebbe giunto: seppur ineludibile, rimane il viaggio più duro, verso cui mai avrebbe voluto incamminarsi. Il figlio le chiede di stargli accanto e di dargli coraggio anche in quest’ultimo passo.
Lui, che più di tutti gli altri può, chiede aiuto a lei per portare a compimento la missione del Padre.
Così la donna, ai piedi della croce, accompagna il lungo addio dell’uomo; è con lui mentre viene portato nella tomba, è lì mentre viene chiusa: si ostina a ricordare tutto ciò che è avvenuto, mentre nel ricordo si mischiano le sensazioni del suo essere stata prima bambina, poi giovane e sposa, con in grembo la gioia più grande. Quaranta ore passano tra la morte e il momento in cui suo figlio risorgerà, quaranta ore in cui respiriamo accanto, dentro, le emozioni di una madre dalla forza inesauribile, che saprà credere fino in fondo e in questa fede trovare le ragioni della sua perdita e la guarigione dal suo dolore.
Non ci sono parole più adatte che queste, tratte dalle sue pagine, per invitare alla lettura del libro “Il silenzio del sabato” (Milano, La nave di Teseo, 2018, 194 pagine, 17 euro), debutto letterario di Mariantonia Avati, recentemente ospite della Diocesi per l’iniziativa “La donna e il suo genio”.
Leggi tutto l’articolo di Edoardo Tincani su La Libertà del 20 giugno