L’Emilia rialza testa e anima

I dati generali della Regione e quelli dei vescovi emiliano-romagnoli sul patrimonio ecclesiastico: la situazione a Reggio Emilia-Guastalla

Con monsignor Zuppi il punto sulle chiese riaperte

I defunti non si dimenticano, ma tante ferite al patrimonio edilizio, da tempo cicatrizzate, stanno guarendo. Parliamo di nuovo della porzione di Emilia ghermita dal sisma del 2012, con le due forti scosse del 20 e 29 maggio che causarono 28 morti e 300 feriti, 45mila persone sfollate e danni per 13,2 miliardi di euro, investendo i territori delle province di Modena, Ferrara, Bologna e Reggio Emilia, 55 Comuni più i 4 capoluoghi.
Sei anni dopo, la Regione fa il punto sui numeri, mettendo bene in evidenza che nell’area del “cratere” si produce circa il 2,5% del valore aggiunto nazionale e 27% di quello regionale.

La ricostruzione ha visto tutti i progetti relativi alle imprese ottenere il decreto di concessione da parte del Commissario delegato dal Governo – cioè il presidente della Regione Stefano Bonaccini – per un totale di 1,9 miliardi di euro di contributi, di cui 1,1 miliardi liquidati. A oggi, finanziamenti sono andati a oltre 10 mila attività economiche, di cui 7 mila commerciali – negozi, uffici, botteghe artigiane, depositi all’interno dei centri urbani – e oltre 3 mila strutture produttive (industriali, artigianali, agricole, commerciali e di servizi).
Morale: la locomotiva Emilia è più scattante di prima, con capannoni nuovi e fabbriche e strutture più efficienti e sicure.

La foto economica è incoraggiante: gli occupati salgono (dai 419.900 nel giugno 2012 ai 423.769 del giugno 2017: quasi 3.900 addetti in più), l’export si incrementa di 3 miliardi, sempre dal 2012, e il valore aggiunto del sistema produttivo regionale – ovvero il Pil calcolato in valore di beni e servizi riferiti alle aziende (differenza tra costi e ricavi) – registra un +2,1% contro il +1,8% tra il 2016 e il 2017.
Sul versante abitativo sono oltre 14.800 le famiglie rientrate nelle proprie case, il 90% delle 16.500 costrette a uscire nel 2012 dopo le scosse; più di 700 lo hanno fatto nell’ultimo anno. Gli altri nuclei familiari sono tutti inseriti nel percorso di rientro, sostenuti dalla struttura commissariale con contributi per l’affitto.

Continua a leggere il testo integrale dell’articolo di E. Tincani su La Libertà del 30 maggio

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