Preghiera e digiuno per la pace in Terra Santa

Padre Ibrahim Faltas: «In trent’anni mai vista tanta rabbia palestinese»

“Sono in Terra Santa da 30 anni e non ho mai visto cose del genere, mai tanta rabbia da parte dei palestinesi. Si muore a Gaza, scontri sono in corso a Jenin, Ramallah, Hebron, Betlemme e in altre città della Cisgiordania. Il bilancio delle vittime si aggiorna in continuazione”.
A parlare al telefono, lunedì 14 maggio da Gerusalemme, è padre Ibrahim Faltas, direttore delle scuole francescane nella Città santa e responsabile per la Custodia di Terra Santa dei rapporti con Israele e palestinesi. Il francescano conosce bene la situazione sul terreno: durante la cosiddetta seconda Intifada fu coinvolto nell’assedio della Natività di Betlemme (dal 2 aprile al 10 maggio 2002) e protagonista nelle trattative per trovare un accordo con i 240 militanti palestinesi che si erano rifugiati nella basilica per sfuggire alla cattura da parte dell’esercito israeliano. Accordo che arrivò dopo 39 giorni di assedio.

“Da allora le cose sono peggiorate e il processo di pace sembra essersi arrestato”, racconta padre Faltas con un orecchio alle “breaking news”, le ultime notizie sulle proteste dei palestinesi e sugli scontri in corso a Gaza e in Cisgiordania. Tutto questo mentre la figlia del presidente Trump, Ivanka, togliendo il velo allo stemma, inaugurava l’ambasciata americana a Gerusalemme.
“La decisione del presidente Trump di trasferire l’ambasciata Usa a Gerusalemme non solo ha scatenato il risentimento palestinese ma ha anche spaccato la società israeliana. Qui in città ci sono israeliani che esultano ed altri che contestano”, afferma padre Ibrahim, confermando la notizia di proteste di circa 200 attivisti israeliani e palestinesi proprio davanti la sede diplomatica. Mai come oggi, sottolinea il religioso, “credo sia necessario ricordare le parole di Giovanni Paolo II, quando disse che «Se non ci sarà pace a Gerusalemme, sarà impossibile la pace in tutto il mondo». Gerusalemme è una città unica. Essa deve essere per tutti e di tutti”.

Leggi tutto l’articolo su La Libertà del 23 maggio

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