Il domani della Siria, tra esilio e resilienza

Un incontro a Castelnovo Sotto lunedì 23 aprile alle 21

Lunedì 23 aprile, alle 21, nel salone parrocchiale di Castelnovo Sotto, in via Gramsci 6, si tiene un incontro a più voci, promosso da Caritas diocesana, sul tema “Quale futuro per la Siria? I profughi siriani dal Libano all’Italia”. Interverranno, moderati da Matteo Gandini, don Filippo Capotorto, superiore della Congregazione mariana delle Case della Carità (che introdurrà la serata), Corrado Borghi, di Operazione Colomba (sulla situazione dei profughi siriani in Libano e con una proposta di  pace e sui canali umanitari), Jessica Sanna, dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII (su esperienze di accoglienza in diocesi e la presentazione del progetto “Annulliamo la Distanza”).

Di seguito riportiamo due testimonianze raccolte presso volontari attivi nei campi d’accoglienza in Libano che accolgono profughi siriani.

La vita nonostante
La vita nonostante, questo immagino quando vedo ciò che ci circonda qui nel nord del Libano. Sia gli aspetti che mi fanno fare più fatica, per il loro carico di dolore, sia ciò che mi spinge ad aprirmi e a vedere l’esistente con occhi nuovi.
Vedo la forza di Zahra, nel giorno in cui ha perso suo figlio in Siria a Raqqa, il momento in cui ha realizzato che niente sarebbe stato più come prima.
Osservo le sue mani rugose mentre stringono il telefono, con una foto di un ragazzo sorridente di 27 anni insieme a due bimbe piccole. Un ragazzo che, profugo in Libano, ha scelto di tornare nella guerra per amore di sua moglie.
Il nome di questo giovane eroe è Ibrahim, sarebbe da insegnare a scuola e comporvi poesie.

Ibrahim aveva più volte avuto la possibilità di salvarsi, ma l’ha anteposta alla vicinanza ai suoi cari, fino al giorno in cui durante una perlustrazione in ciò che era rimasto della sua casa originaria è saltato in aria su di una mina dell’Isis.
Ha perso le gambe ed è volato in cielo, lo hanno trovato senza vita tre giorni dopo.
Mi chiedo cosa abbia pensato in quegli ultimi momenti, se ha pensato a coloro che ha amato: sua moglie, le sue figlie, la sua mamma Zahra.
Questa ultima scintilla di affetto, prima del buio. Un amore che è rimasto e rimarrà per sempre, sfidando e ridendo in faccia al tempo.
Questo amore che dà vita, ed è lo stesso che spinge a fare scelte folli, potenzialmente mortali. Quanto sono strani gli esseri umani, sanno volare tra le stelle del firmamento e uccidere i loro stessi fratelli.
Abbiamo dentro di noi il seme del male e quello della capacità di fare del bene.
Non mi stancherò mai di questo, anzi, è qualcosa che mi sostiene e mi dà forza, la forza di affrontare storie come quella di Zahra e del suo figlio martire per amore, Ibrahim.

Continua a leggere l’articolo su La Libertà del 18 aprile

 

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