Diventare padre sopra l’abisso

In «Ti dico la verità» la storia degli anni vissuti da Viviana in uno stato di veglia non responsiva: un cammino d’amore che continua dopo la morte della donna

La copertina del libro

Sarà pure contro corrente, per la festa del papà, andare a prendere una vicenda poco commerciale come quella di Luca Nisoli, però è una lettura beneficamente profonda, che infonde una conferma di più in chi crede nell’amore forte come la morte, determinato anche quando è allo stremo delle forze. Letterariamente parlando, il merito va a Paola Turroni, che di questo padre oggi quarantenne ha raccolto l’esperienza a suon di confidenze e domande, concentrandola nel libro “Ti dico la verità” (Lindau 2018, 116 pagine, 12 euro).
Ma l’autrice in fondo ha solo prestato la penna perché, dopo un’opera di scavo interiore, potesse emergere la voce di Luca, che in prima persona descrive il suo “diventare padre” al figlio Mattia, pure interpellato nella stesura del testo. Lo fa raccontando la storia della moglie Viviana, entrata in una veglia non responsiva, correntemente detta stato vegetativo, quando il bambino aveva poco più di sei mesi, e deceduta dopo un calvario durato quattro anni.

Mattia oggi ha otto anni e vive con il papà nella loro casa a Brignano Gera d’Adda, nella bassa bergamasca. “Ora siamo belli e forti e anche felici, siamo una famiglia maschile, con le mani nella terra e i piedi in corsa e abbiamo il nostro linguaggio, la nostra musica. Dei reduci che sanno voltarsi e sanno ridere”, annota verso il termine Luca, che lavora come operaio e appena può – coinvolgendo perfino il figlio come tecnico – si scatena con la batteria nei tre gruppi nei quali suona. Si direbbe un “lieto fine”, e certamente lo è, anche se la vita continua imprevedibile e inesorabilmente la mancanza di Viviana presenta le sue rate di dolore da pagare, com’è naturale che sia. Ma da questo spaccato domestico è nata anche una “lieta finalità” di promozione sociale, grazie al “Progetto Mattia” a sostegno di famiglie e bambini in difficoltà (ne parla il riquadro).

Per presentare un libro redatto in ordine cronologico – quando già si sa come si conclude – a noi non resta che la tecnica del flashback. In compagnia di Luca rivediamo così le nubi addensarsi sul cielo lindo del matrimonio, fissato dopo sette anni di fidanzamento, rimandato per le avvisaglie di un malessere che prendeva Viviana alla testa (risolto con un intervento per far defluire il liquido cerebrospinale), poi celebrato e per tre anni filato liscio, come la gravidanza, per la quale i medici avevano in qualche modo dato il nulla osta.

Fino a quella domenica mattina in cui i sintomi tornarono prepotenti e i coniugi si precipitarono al pronto soccorso, lasciando il neonato tra le braccia della madre di lui: fu l’inizio di una serie di ricoveri, dalla terapia intensiva a centri di cura più specifici, non senza mostri burocratici da affrontare e persino ottusità clericali, come quelle manifestatesi prima del battesimo di Mattia.

Leggi tutto l’articolo di Edoardo Tincani su La Libertà del 21 marzo

 

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