Baroni, prudenza e ardore

Proponiamo l’omelia del diacono Giacomo Casoli nella Messa del 15 marzo scorso in suffragio del vescovo Gilberto Baroni (19° anniversario di morte), di tutti i vescovi di Reggio defunti e dell’arcivescovo Romeo Panciroli. La celebrazione è stata presieduta dal vescovo emerito Caprioli nella cripta della Cattedrale.

Mi è stato chiesto, come diacono ordinato dal vescovo Baroni, di commemorarne la figura. Ho accettato dopo non poche resistenze! La sua figura è oltremodo complessa: grande teologo che viveva la fede con la semplicità del bambino; uomo di governo e, nello stesso tempo, di grande spiritualità. È auspicabile che la sua opera venga studiata scientificamente in sede opportuna. In questa circostanza, dato il carattere della celebrazione ed il tempo a disposizione, ho ritenuto opportuno di presentare la sua figura sotto tre aspetti: l’uomo, il prete, il Vescovo.

L’uomo
Gilberto Baroni nasce a Gherghenzano il 15 aprile 1913. Gherghenzano è un paesino della bassa bolognese, provincia e diocesi di Bologna. La parrocchia, dedicata ai Santi Geminiano e Benedetto, deve forse la sua origine ai monaci benedettini che ai tempi di Matilde di Canossa, poco dopo il Mille, dissodarono quei terreni paludosi e vi impiantarono la civiltà. In questo luogo si trovano le radici dell’albero genealogico dei Baroni, assai conosciuto e ramificato in tutto il territorio comunale di San Giorgio in Piano. Il padre di Gilberto Baroni aveva altri nove fratelli. Di questi fratelli, uno era diventato sacerdote, il canonico don Gaetano Baroni, e fu per quarantatré anni arciprete zelante e venerato di Gherghenzano. Fu coltivatore di una grande quantità di vocazioni sacerdotali e di speciale consacrazione. Ha curato ben tredici vocazioni sacerdotali, appartenenti alle diverse famiglie Baroni, cioè dei suoi nipoti, figli di fratelli e sorelle. Non possiamo dimenticare Agostino Baroni, cugino di Gilberto che, entrato nella congregazione dei Figli del Sacro Cuore di Gesù, è diventato nel 1953 Vicario Apostolico di Khartum, in Sudan, erede del grande missionario san Daniele Comboni.

Gilberto era il primogenito di Augusto e Albertina Tugnoli, tenace agricoltore il papà, casalinga la madre. Fu battezzato – come era costume a quei tempi – il giorno dopo la nascita dallo stesso zio arciprete don Gaetano, come risulta dal registro parrocchiale. Successivamente vennero altri otto figli, quattro femmine e quattro maschi. Una sorella, Antonietta, si è fatta suora delle Figlie di San Paolo ad Alba; un fratello, Pio, si è fatto sacerdote ed è morto a soli 31 anni di età nel 1945 a Còrdoba in Argentina, ed infine don Alfonso arciprete di San Pietro in Casale, presso il quale si ritirerà, una volta diventato vescovo emerito.

Gilberto Baroni ha amato moltissimo la sua famiglia. Parlava volentieri la lingua nativa, il dialetto. Di carattere schivo, vorrei dire timido, aveva un rapporto schietto ed immediato con le persone che incontrava. Dotato di grande intuito, non amava le lungaggini. Era fondamentalmente un decisionista, pur camminando con i piedi per terra. Uomo prudente e coraggioso nello stesso tempo. Mettere insieme questi aspetti contraddittori del suo carattere credo che sia stata una tensione ascetica di tutta la sua vita. Aveva infine un sottile senso di humor che lo portava a sorridere di se stesso e degli altri con battute che lo rendevano simpatico.

Leggi il testo intero dell’omelia di Giacomo Casoli su La Libertà del 21 marzo



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