Nativi “digitali”

Di allarmi sulla dipendenza di bambini e adolescenti da videogiochi, tablet e smartphone se ne sente parlare abbastanza. Ed è ormai chiaro che tra i dipendenti troviamo anche noi adulti: televisione, web, sondaggi, cinema, romanzi cercano di darne uno spaccato, talvolta duro e con conseguenze nella dinamica dei rapporti sociali e interfamiliari non sempre prevedibili.
Ma a preoccupare di più è il mondo dei più piccoli: si calcola che i bambini a soli 7 anni rischiano di aver passato già un anno intero della loro vita davanti a uno schermo.
I “buoni consigli” lanciati in rete non tardano ad arrivare, pile di regole e suggerimenti su ciò che un genitore deve o non deve fare nei confronti di questa tendenza inarrestabile. Prendiamone in considerazione qualcuno.
Secondo una ricerca effettuata dalla Boston University School of Medicine, l’uso eccessivo e massiccio di dispositivi mobili fin dai primi anni di vita metterebbero a rischio lo sviluppo stesso del bambino, arrestando l’aspetto emotivo e il controllo delle proprie emozioni.

“è stato accertato che l’aumento del tempo trascorso davanti a uno schermo riduce lo sviluppo delle competenze linguistiche e sociali del bambino. I cellulari sostituiscono analogamente la quantità di tempo trascorso ad impegnarsi in interazioni umane”, ha spiegato la pediatra Jenny Stillwaggon Radesky.
E secondo una ricerca del Cohen Children’s Medical Center di New York, i dispositivi con touchscreen, se usati in età precoce, provocano ritardi nel linguaggio, scarsa conoscenza della lingua, ritardo nell’apprendimento. Quindi, secondo gli esperti, per imparare a parlare, manipolare oggetti e relazionarsi con il mondo e con la gente, la via più efficace rimane ancora l’interazione con mamma e papà e il “consumo” dei vecchi giocattoli.

Oggi la maggior parte dei genitori è convinta che smartphone e tablet aiutino e favoriscano lo sviluppo cognitivo del proprio figlio; la pediatra Ruth Lynn Milanaik ha osservato che nella sua clinica neonatale di New York “il giocattolo numero uno che i genitori stanno dando ai loro bambini sono gli smartphone”. Intanto, i test cognitivi svelano che non c’è alcuna differenza tra i bambini “più digitali” e gli altri. Anzi, proprio nei “digitali” si riscontrano maggiori ritardi nello sviluppo del linguaggio.
Il mondo della scuola non può che confermare il fenomeno, constatando con quanta fatica molti bambini imparino a scrivere e a leggere; le loro difficoltà più evidenti vengono indicate come disgrafia (difficoltà a riprodurre i meri segni delle lettere dell’alfabeto), disortografia, dislessia. Ricevendo regolare certificazione da parte dell’Azienda Sanitaria del territorio, questi alunni seguiranno un percorso scolastico individualizzato, che tenga conto dei loro disturbi specifici di apprendimento (DSA). La percentuale di bambini con certificazione di DSA è notevolmente aumentata nell’ultimo decennio.

Leggi tutto l’articolo di Mario Colletti su La Libertà del 7 marzo

 

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