Esodati ma non sfaccendati

Hanno fondato un comitato reggiano, solidale con chi sta peggio

È una di quelle cose da far tremare le gambe al solo pensarci, eppure è capitata sul groppone a decine e decine di migliaia di persone in tutta Italia. Cerchiamo di immaginare, siamo nella prima decade del 2000, un lavoratore a pochi anni dalla pensione. La sua azienda è in crisi e decide di proporgli di uscire dal mondo del lavoro, in altre parole licenziarsi, con alcuni incentivi in accordo con sindacati e pubbliche istituzioni: una buonuscita, tre anni di mobilità all’ottanta per cento dello stipendio – era questa la possibilità per i lavoratori che avevano superato i 50 anni – in attesa dell’arrivo della sospirata pensione.

La crisi in Italia è pesante e molti lavoratori decidono di firmare, per tanti di loro manca poco alla pensione ed è meglio così, ma arriva il ministro Fornero che il 6 dicembre del 2011, con il decreto “Salva Italia” (sic!), allunga i tempi… e invece dell’assegno mensile del meritato riposo, per tanti di questi arriva sulla testa una mazzata pesantissima: si trovano con gli incentivi finiti, senza stipendio, senza nessuna possibilità, vista l’età, di rientrare nel mondo del lavoro e la pensione iniziano a vederla con il binocolo anziché sul loro conto corrente.
Ecco perché è una cosa da far tremare le gambe: dopo aver passato una vita a lavorare, ti ritrovavi a casa tutto il giorno con le mani in mano. Magari eri l’unico a portare lo stipendio a casa e adesso alla fine del mese neanche il becco di un quattrino per poter tirare avanti, per pagare le bollette o la spesa al supermercato.

Ovviamente Reggio non ne è rimasta fuori; solo che i reggiani fanno fatica a restare con le mani in mano e già il 7 gennaio del 2012, un mese dopo il “bel decreto”, nel giorno in cui si celebra in piazza la nascita del nostro Tricolore, fanno sentire la loro voce fondando il “comitato Esodati”.
Mi vengono a trovare in redazione il presidente Pietro Braglia, 61 anni, quarant’anni passati all’Unipeg, Giuseppe Scialla, vicepresidente, 61 anni, impiegato alle Reggiane-Fantuzzi, Marco Franzoni, impiegato tecnico di 56 anni, e Giovanni Angelo Casu, 67 anni, saldatore e pure lui con un lavoro alle spalle alle Reggiane-Fantuzzi.

Continua a leggere tutto l’articolo di Giuseppe Maria Codazzi su La Libertà del 14 febbraio

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