Migranti: chi vede la realtà?

Fenomeno complesso, fra tratta e multireligiosità

L’estate scorsa, quando ancora in Parlamento si discuteva di “Ius soli” e “Ius culturae”, il vescovo Massimo era intervenuto su La Libertà per un giudizio sui fenomeni migratori, ribadendo alcuni capisaldi. Uno è che accoglienza e sicurezza, diritti e doveri, sono elementi che devono sempre convivere. Un secondo punto fermo è che la via per accogliere l’altro non è nascondere le nostre tradizioni e i valori fondamentali, ma al contrario chiarire ciò in cui crediamo e rispettare allo stesso modo ciò in cui gli altri credono. Alla fine dello scorso mese, in altre due occasioni monsignor Camisasca è tornato sulla questione dei movimenti dei popoli e del problema/opportunità dell’accoglienza. Il 24 e 25 gennaio, in qualità di membro della Commissione Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana, ha incontrato a Roma i vescovi di diversi Paesi africani coinvolti da massicce migrazioni. (guarda la fotogallery sotto)

La mattina di mercoledì 31 gennaio, poi, il Vescovo è intervenuto al Centro Internazionale “Malaguzzi” di Reggio alla sessione plenaria che ha aperto “NoiAltri”, due giornate di confronti e scambi di pratiche sui temi delle migrazioni, dei nuovi paesaggi sociali, delle comunità inclusive e delle nuove generazioni. In particolare, ha partecipato a un dibattito sul tema “Le comunità future: aperte, coese e solidali” insieme al sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi e al presidente della Provincia Giammaria Manghi.

Nella prima parte del suo discorso il vescovo Massimo si è soffermato sulle proporzioni del fenomeno migratorio, affermando che alla sua origine vi sia una pluralità di cause, benché la popolazione in generale tenda a unificarle, in ragione della globalizzazione. Prendendo spunto dalle testimonianze recentemente ascoltate a Roma con riferimento soprattutto all’Africa subsahariana, Camisasca ha indicato almeno tre fattori. “In primo luogo – ha detto – va compreso che le popolazioni sono già migranti all’interno dell’Africa e lo sono in un modo esponenzialmente rilevante rispetto a venti, trent’anni fa, perché la corruzione dei poteri politici e l’instabilità degli stessi ha moltiplicato questa mobilità internazionale”.
La terra promessa è quasi sempre l’Europa, presentata fantasiosamente come un luogo dell’oro, “luogo di stabile e sicura residenza e anche di una certa prosperità”.

Continua a leggere l’articolo di Edoardo Tincani su La Libertà del 14 febbraio

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