’68, complessità in movimento

Libera Università Popolare «Aperta…Mente»: annotazioni dalla conferenza sul periodo della contestazione tenuta dal professor Francesco Maria Feltri

Cinquant’anni dal Sessantotto: ripercorrere prodromi e vicende dell’anno-simbolo di tutte le contestazioni ha un fascino. Comunque si giudichi il fenomeno – che l’utopia abbia migliorato il nostro pianeta o lo abbia solamente spinto un po’ più avanti verso il baratro – oggi si fa fatica a non credere a un conformismo massificato di ritorno guardando la schiavitù da smartphone che affligge le giovani generazioni (e i loro genitori).
Con questo dubbio discreto il professor Francesco Maria Feltri, ancora una volta ospite della Libera Università Popolare “Aperta…Mente” dell’unità pastorale Padre Misericordioso, chiude la sua brillante conferenza al Sacro Cuore, nel pomeriggio del 21 gennaio. Insegnante di Italiano e Storia all’Istituto superiore “Selmi” di Modena, Feltri è specializzato in storia dei regimi totalitari del Novecento, ha curato vari manuali scolastici per la scuola superiore e da diversi anni organizza e guida viaggi di studio finalizzati al contatto diretto con i “luoghi della memoria” in Germania, Polonia, Austria e Repubblica Ceca.

Più che una sintesi, questo articolo sarà una corsa per riacciuffare quanti più spunti possibili e (ri)aprire dei link a chi quel periodo l’ha vissuto. Già è doveroso parlare di anni al plurale, perché il 1968 in sé non è che lo spartiacque tra due mondi diventati in modo turbolento discontinui, non comunicanti.
A preparare il tutto, ricorda Feltri, è stato il terremoto avvenuto negli Usa alla metà degli anni Cinquanta; a provocarlo fu la forma di protesta non violenta guidata dal pastore protestante Martin Luther King, leader del movimento per i diritti civili degli afroamericani in una società segnata da un’ottusa e rigida segregazione razziale.

A differenza di Malcolm X, il cui ideale era un mondo nero parallelo ma separato rispetto a quello dei “bianchi”, King credeva nell’integrazione, e partendo dal sud degli Stati Uniti s’impose all’attenzione mondiale nell’agosto 1963 col il famoso discorso “I have a dream” tenuto davanti al Lincoln Memorial di Washington al termine di una marcia di protesta.
Al movimento di King, che nel 1968 veniva assassinato, partecipavano anche studenti bianchi: una tra tanti, Joan Baez. Feltri fa il nome dell’attivista cantautrice non a caso, ma per introdurre nel discorso la musica quale elemento imprescindibile per ricostruire il clima che ha portato al Sessantotto.

Continua a leggere tutto l’articolo di Edoardo Tincani su La Libertà del 7 febbraio

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