C’illudono d’essere aggiornati

L’informazione stravolta da Google e telefonini

Si è parlato anche di “fake news”, a Imola, nell’incontro regionale dei giornalisti. E le parole di monsignor Camisasca, invitato tra i relatori dal vescovo di Imola Tommaso Ghirelli, hanno dato un contributo al dibattito sulla verità nella comunicazione (si veda La Libertà della scorsa settimana). Qui vorrei guardare l’argomento “notizie” da un’altra angolazione, cioè quella della trasformazione “social” dell’informazione, per cercare di rispondere a una domanda fondamentale per la categoria: sopravvivranno i giornalisti alla rivoluzione digitale?

Per rispondere, parto da un’affermazione di mister Faccialibro, al secolo Mark Zuckerberg, fondatore appunto di Facebook. Qualche settimana fa ha annunciato che il suo social network ha cambiato il misterioso algoritmo, che assomiglia un po’ alla ricetta segreta della Coca Cola, in modo tale che dia meno spazio ai contenuti editoriali e aziendali “sponsorizzati” e veicoli sempre più interazioni e pubblicazioni amicali o di ambito familiare. C’è chi ha letto questa mossa come un tentativo di arginare il dilagare delle bufale online, che tante vittime reali fanno ogni giorno, e chi l’ha commentata come un ritorno poetico alle origini del potentissimo social.

Comunque si interpreti la scelta, l’obiettivo di Facebook, come di tutte le società quotate in Borsa, consiste nel massimizzare i profitti derivanti dai suoi miliardi di utenti, il che si ottiene aumentando il loro tempo di permanenza all’interno del network. Più i minuti passano e diventano ore e ore, giornate intere di connessione nei casi patologici, più il deposito del novello Zio Paperone si riempie d’oro.

Leggi il testo integrale di Edoardo Tincani su La Libertà del 7 febbraio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *