Biotestamento: clamore per questa legge inutile

La scorsa settimana il Senato ha definitivamente licenziato la legge nota come testamento biologico. Una lettura attenta degli articoli di questa legge da parte di chi come me esercita la professione medica da molti anni evidenzia come non ci sia nulla di nuovo sotto il sole.

Era tutto già scritto
La nostra Costituzione infatti all’articolo 32 afferma che nessuno può essere obbligato ad un trattamento sanitario. Ed il codice deontologico dei medici nei suoi diversi articoli definisce con chiarezza la relazione di cura, il principio della proporzionalità delle cure e la necessità di consenso informato da parte del paziente.
Infine, lo stesso codice, all’articolo 38 fa esplicitamente riferimento a quelle che potrebbero essere definite dichiarazioni anticipate di trattamento. E cioè la necessità che il medico, nel decidere in merito ad un iter diagnostico o terapeutico, debba informare adeguatamente il paziente e la sua famiglia affinché possa scegliere liberamente. In questo contesto sempre il codice esplicita la necessità di considerare ciò che il paziente poteva aver espresso in precedenza anche solamente in maniera verbale, in merito a futuri eventuali interventi sanitari. Quindi assolutamente nulla di nuovo. Era tutto già scritto. Ma effettivamente non tutto era applicato.

Autodeterminazione in pressing
Allora perché tanto fervore nel licenziare rapidamente questa legge? Legge che in realtà interessava veramente pochi.
Come ho potuto infatti verificare in diversi dibattiti nei quali negli ultimi mesi sono stato coinvolto a questo riguardo, la presenza dei cittadini è stata sempre piuttosto scarsa. Ed anche nei comuni dove erano stati istituiti registri atti a raccogliere disposizioni anticipate di trattamento l’adesione, come nel comune di Reggio Emilia, è stata veramente risibile (poche centinaia di cittadini nell’arco di diversi anni).
A mio giudizio il motivo per cui questa legge inutile è stata così sponsorizzata da tante parti si può riassumere in due elementi.
Il primo, esclusivamente di tipo culturale, invocato da una parte minoritaria laica e radicale, è il desiderio, non sinceramente orientato alla tutela del malato e della sua sofferenza, di proclamare come valore assoluto il principio di autodeterminazione della persona. Principio, a ben vedere, assai effimero, in quanto nessuno decide quando nascere e nessuno decide quando ammalarsi. Mentre appare come sconfitta di una società poco accogliente ed incapace di farsi carico la decisione di farsi morire. Che più spesso scaturisce non da una autentica propria volontà, ma dall’essere messi all’angolo, dal non essere adeguatamente accompagnati nel proprio cammino di malattia e sofferenza.

Leggi il testo integrale dell’articolo di Giuseppe Chesi su La Libertà del 23 dicembre