Cosa può insegnarci un terremoto avvenuto a Verona 900 anni fa? Due cose anzitutto: la prima, che il Nord Italia, anche se considerato area a medio-bassa sismicità, non può ritenersi immune da eventi di questo tipo; del resto l’amara lezione del sisma del 2012, che aprì gli occhi alla maggior parte della popolazione locale sull’insidiosità di un fenomeno dal quale, dalle nostre parti, ci si sentiva in un certo senso immuni, è lì a ricordarcelo. La seconda è che può anche trattarsi di eventi di ampia portata, dagli esiti drammatici, se non tragici; e pure qui, se è vero che la memoria a breve termine corre subito al maggio di 5 anni fa, possiamo constatare, da cronache ben più remote, come gli effetti talvolta siano stati persino peggiori di quelli da noi sperimentati.
Gli “Annales Venetici Breves” e gli “Annales Sancti Disibodi” (come altre fonti documentarie), in proposito parlano molto chiaramente. Riferendosi a quel 3 gennaio 1117, disegnano scenari al limite dell’apocalittico: un sisma di magnitudo stimata fra i 6,5 e i 6,9 della scala Richter, avvertito distintamente tanto a Monte Cassino, nel Frusinate, quanto nel sud della Germania, cui seguirono 40 interminabili giorni di continue scosse di assestamento. 30mila i morti.
“Per due volte fra il giorno e la notte – si legge – avvenne in tutto il mondo un terremoto tanto terribile che molti edifici crollavano e gli uomini a stento riuscivano a fuggire; ma soprattutto in Italia, dove fu tanto pericoloso e orribile, che gli uomini aspettavano su di sé il manifesto giudizio di Dio… e all’improvviso, per le spaccature della terra, crollarono città, castelli, ville… Infatti anche i monti furono spaccati e i fiumi, la terra inghiottente, si essiccarono tanto che chi voleva poteva attraversarli a piedi… e in molti luoghi la terra si aprì ed emanava acque solfuree…”.
Leggi tutto l’articolo di Matteo Gelmini su La Libertà del 16 dicembre