Il personale di Curia si fa formatore del clero e dei laici nelle unità pastorali: beni culturali, amministrazione, questioni legali ed economico-finanziarie
La premessa è nota: i parroci sono sempre meno e hanno un numero crescente di comunità a cui provvedere; è poi evidente come la crisi economica e la complicazione burocratica di cui in Italia siamo specialisti impattino pesantemente la vita delle unità pastorali. “È impossibile pensare che un parroco da solo faccia quello che facevano i parroci anche solo 10 anni fa, sia per un motivo di tempo che di competenza”: a parlare è Caterina Mainini, giovane vice economo della Diocesi; laureata in Ingegneria gestionale, è impiegata part time negli ambienti di Curia, a Reggio, dove abitualmente lavora nelle giornate di martedì, mercoledì e venerdì.
Che fare affinché aumenti la corresponsabilità dei laici e i presbiteri si sentano un po’ sgravati? La Chiesa diocesana sta puntando all’obiettivo intensificando la formazione. Già abbiamo parlato del cammino di accompagnamento che stanno sperimentando alcuni parroci moderatori di unità pastorale (si veda La Libertà del 4 novembre scorso, a pagina 5). Un’altra valida strategia consiste nell’andare sul territorio e incontrare chi già si dà da fare o ha intenzione di farlo. Senza aspettare che gli interessati approdino in Curia con il loro carico di problemi e interrogativi, magari dopo avere imboccato strade senza uscita, in questi mesi è il personale di Curia che si mette a servizio dei vicariati portando la formazione in loco, con svariate decine di corsisti che si presentano ogni volta all’appuntamento.
Leggi il testo integrale dell’articolo di Edoardo Tincani su La Libertà del 2 dicembre
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