Migranti, profughi: con il vescovo Perego chiarezza e verità

Da La Libertà dell’11 novembre

Un pomeriggio veramente speciale, quello di domenica 29 ottobre nel teatro dell’Oratorio di Poviglio con monsignor Gian Carlo Perego, vescovo di Ferrara-Comacchio, già direttore generale della Fondazione Migrantes, organismo della Cei, e dal 2012 consultore del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti.

Venti domande – frutto di un particolare lavoro di incontri vicariali sul tema “Migranti e profughi: quale verità” – hanno trovato nel vescovo Perego risposte chiare e documentate. Il tutto è stato anche arricchito da quattro proposte musicali/teatrali che hanno facilitato l’attenzione e la riflessione: la scuola di danza moderna Nefesh di Poviglio e la performance intitolata “Da capo” sull’integrazione razziale, il gruppo giovani di Castelnovo di Sotto nel canto “Quello che non ho” di Fabrizio de Andrè, la piccola Alice e la canzone “Lo scriverò nel vento” sul dramma dei bambini vittime di guerra, la Scuola di danza comunale di Poviglio nel “Va, pensiero” dal Nabucco di Verdi.

Messaggio finale: non dobbiamo avere paura dell’Accoglienza: essa è pratica di solidarietà, è esercizio di giustizia, è affermazione del diritto all’esistenza. Ma quanta fatica, quante paure, quante sovrastrutture impediscono una pratica intelligente e generosa dell’accoglienza, che sempre di più diventa un segno di contraddizione, una meta da raggiungere facendo appello non solo al Vangelo, ma ai fondamenti della nostra civiltà umana.

Riscontriamo che c’è bisogno di un’educazione all’accoglienza da far emergere in tutti i luoghi della vita quotidiana; c’è bisogno di un’informazione onesta e non ideologizzata; c’è bisogno di far crescere un dialogo adulto e fraterno tra culture e etnie diverse.
Ogni giorno il Signore ci chiede, mi chiede solo questo: “Ti sei fatto prossimo al tuo fratello, alla tua sorella?”.
Tutta la nostra vita sotto il sole è nient’altro che la risposta a questa unica, quotidiana, eterna domanda. Il vero nome dell’accoglienza cristiana si chiama “prossimità”.

Giuseppe Lusuardi