Camisasca e Zamagni hanno riletto il messaggio di Paolo VI
Il realismo di Giovanni Battista Montini è il protagonista invisibile del convegno sulla Populorum progressio, che si tiene a Reggio nel tardo pomeriggio di lunedì 30 ottobre. Cinquant’anni fa, pubblicando l’enciclica, il beato Paolo VI aveva affermato con grande lucidità che lo sviluppo umano dev’essere integrale, cioè di tutto l’uomo, e solidale, quindi di tutti i popoli.
All’epoca il mondo, tagliato in due dalla cortina di ferro, non era molto dell’idea di sintonizzarsi con il Sommo Pontefice. Mezzo secolo dopo, c’è probabilmente una maggiore capacità di comprensione delle sue parole, seguita, tuttavia, da una penuria di azioni conseguenti e accompagnata dal senso di inadeguatezza degli interlocutori politici internazionali.
È solo un tentativo di sintesi della felice iniziativa, promossa da numerose aggregazioni laicali e introdotta dal presidente dell’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti Luigi Grasselli.
Ospiti della comunità cittadina di Sant’Agostino e di don Guido Mortari, nel teatro parrocchiale che sfoggia sedie nuove fiammanti, siedono il Vescovo e il professor Stefano Zamagni, ordinario di Economia Politica all’Università di Bologna.
Dopo aver ricordato, a chi è tentato di parlare di Paolo VI in termini antistorici, come questo papa sia stato sempre molto combattuto lungo il suo pontificato – per la scelta di continuare il Concilio Vaticano II e per l’impronta equilibrata che volle imprimergli, per la Populorum progressio e per l’Humanae vitae, fino alla tragicità del caso Moro – monsignor Massimo Camisasca compie un breve excursus del magistero sociale della Chiesa, dalla Rerum novarum di Leone XIII (1891) in avanti, per mostrare come, in ogni momento della storia, i papi abbiano rivolto ai problemi della società una parola illuminata dalla fede in Cristo.
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