Disabilità e scuola

In Italia si sono verificati nel tempo cambiamenti della terminologia adottata per connotare le persone con difficoltà nell’inserimento del mondo della scuola o del lavoro. Da termini quali “minorati”, “invalidi”, “mutilati” (includendo anche traumi fisici conseguenti a guerre), si è passati al neologismo handicap, il quale in sé sta a indicare ogni tipo di svantaggio in cui si trova una persona rispetto ad altre che affrontano la stessa attività, lo stesso compito, gli stessi ostacoli.
Con la Legge numero 104 del 5 febbraio 1992 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), nella legislazione italiana il termine handicap fu utilizzato per indicare difficoltà di tipo psichico, fisico o psicofisico e quindi riferito a persone che chiedevano di essere integrate nei percorsi scolastici con l’aiuto di personale docente specializzato (docenti di sostegno) sulla base di una idonea certificazione neuropsichiatra prodotta.
Il termine disabilità è stato invece usato nelle “Linee guida sull’integrazione scolastica degli alunni con disabilità” (Miur, nota 4 agosto 2009, prot. n. 4274), e proviene dagli accordi internazionali ove è normalmente impiegato. Le Linee Guida raccolgono invece una serie di direttive, con lo scopo di migliorare il processo di integrazione degli alunni con disabilità, definito “punto fermo della tradizione pedagogica della scuola italiana”.

Continua a leggere tutto l’articolo di Mario Colletti su La Libertà del 28 ottobre