Santa Croce, una marcia in più

Celebrato il centenario di fondazione della chiesa di via Adua a Reggio

“Una marcia in più” è il titolo del film realizzato dalla comunità di Santa Croce in occasione del centenario della consacrazione della chiesa di via Adua in Reggio Emilia, dedicata appunto alla Santa Croce; il film, per chi lo desiderasse, sarà a disposizione su un dvd. La sigla iniziale del film è dominata dalla scena virtuale della crocifissione, evocata dal soliloquio drammatico e appassionato di un clown che vuol convincere Cristo a scendere dalla croce; ma Cristo non scende perché vuole donare la sua vita per la salvezza degli ultimi.

Nel territorio di Santa Croce, zona Nord Est della periferia cittadina, durante l’ultimo secolo hanno trovato luogo processi di innovazione e cambiamento epocali, vere e proprie anticipazioni degli scenari futuri; alludiamo all’irrompente industrializzazione e all’esplosione immigratoria.
Per questa ragione il quartiere di Santa Croce è divenuto, di fatto, il polo trainante della città, il vero centro della sua trasformazione.

Non bisogna dimenticare che la città di Reggio all’inizio del secolo scorso era un grande paesone che viveva di mezzadria e che deve proprio alle Reggiane il suo aggiornamento ai tempi nuovi della modernità.
Il film percorre in parallelo da un lato l’evoluzione del territorio e dall’altro il sorgere e il radicarsi in esso di una piccola comunità cattolica, che fin dall’inizio ha colto i segni dei tempi e ha fatto una piena immersione, per condividerne la vita, nella realtà della gente nuova, che è approdata a Santa Croce dall’Italia e progressivamente da tutto il mondo: gli ultimi ad essere arrivati e gli ultimi per condizione sociale; gente nuova e con la quale confrontarsi, dialogare, camminare: all’inizio furono gli operai dell’industria, oggi sono gli immigrati stranieri. Proprio in questo incontro tra Cristo e gli ultimi si trova il punto di incontro tra la gente nuova arrivata nel territorio e la piccola comunità che vuol vivere in mezzo ad essa.

Leggi l’articolo integrale di Vittorio Cenini su La Libertà del 7 ottobre