Il nostro «gol» dopo il sisma

Un progetto del Csi di servizio a piccoli e anziani

“Un boato che cresce”. “Era in atto qualcosa di drammatico”. “Casa mia sta crollando!”.
“Paura profonda, poi ho pianto”. “Ci siamo abbracciati perché non stavamo in piedi”.
“Il terremoto mi ha tolto per prima cosa la casa e poi la comunità”. Queste alcune delle frasi dei testimoni che ci hanno accolto nel comune di Tolentino, in provincia di Macerata, lo scorso 29 luglio.
La proposta che abbiamo ricevuto da don Antonio, il sacerdote responsabile del gruppo giovani dell’unità pastorale Giovanni Paolo II, è stata quella di un campo di servizio nei luoghi marchigiani colpiti dal terremoto lo scorso ottobre, per spendere il nostro tempo estivo insieme nel portare un sorriso e un modesto aiuto alla popolazione. Il progetto al quale abbiamo aderito ha il nome “Un gol per ripartire” ed è promosso dal Centro Sportivo Italiano, in collaborazione con Suning Sport e FC Internazionale, nei dintorni di Tolentino.

Tramite il Csi siamo stati messi in contatto con Caritas Marche che, a sua volta, ci ha indirizzati nelle varie strutture dove abbiamo svolto attività di servizio, dividendoci a rotazione tra case di riposo, oratori parrocchiali, zona container e centro di accoglienza per disabili. A differenza delle aspettative con le quali ognuno era partito, l’aiuto più importante che ci era richiesto indirettamente è stato quello psicologico e morale: non abbiamo portato doni materiali e concreti, ma abbiamo regalato ai cittadini, colpiti dal sisma un po’ di gioia per continuare a camminare verso la serenità.

Ci siamo accorti che la tristezza non li ha abbandonati, anche se ormai è passato un anno e hanno ricevuto solidarietà e aiuti. La maggior parte delle famiglie che si trovavano in difficoltà anche prima della tragedia, rimaste senza casa, ancora vive in abitazioni di fortuna o nei container costruiti e gestiti dalla protezione civile, senza sapere quando potrà riavere un tetto sopra la testa e riprendere a vivere in modo “normale”.

Leggi tutto l’articolo di Francesco Giaroli e Margherita Burani su La Libertà del 2 settembre



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