Lutero ecumenico suo malgrado

Di seguito, l’ultima parte del contributo di Luigi Rigazzi sui 500 anni della Riforma di Lutero. Le puntate precedenti sono state pubblicate su La Libertà del 24 giugno e dell’1 luglio.
Lutero e la questione ebraica
Perché Lutero si scagliò con furore inaudito contro gli ebrei? La questione è molto dibattuta. Secondo alcuni il riformatore, nei confronti degli ebrei, non ha saputo vagliare con la stessa criticità il comportamento che la Chiesa aveva tenuto nei loro confronti con la teologia della sostituzione. Egli tenne per buona la tradizione, senza sottoporla al vaglio della sua esperienza di studioso della Bibbia.
Nel 1543 pubblica Degli ebrei e le loro menzogne, testo che il regime nazista avrebbe fatto suo nella sua campagna di cacciata e di sterminio del popolo ebraico. Lutero, nel suo farneticante libello scrive tra l’altro: “Ai nostri governanti – se hanno ebrei sotto di sé – io auguro e [anzi] li prego, di volere esercitare un’aspra misericordia verso questa gente miserabile, come sopra si è detto; e se volessero in qualche modo aiutarli (per quanto ciò sia difficile), dovrebbero fare i come i bravi medici: quando la cancrena è arrivata nelle ossa, essi agiscono senza misericordia e tagliano, amputano, bruciano la carne, le vene, le ossa e il midollo. Così si faccia anche in questo caso.[…]”.
Lutero aveva fatto sue alcune frasi estrapolate dal Nuovo testamento come “progenie di serpi” o “figli del demonio”. La colpa più grande che Lutero imputava agli ebrei, facendoli diventare i suoi più acerrimi nemici, era che, pur possedendo le Sacre Scritture che testimoniavano la venuta di Gesù, non l’avevano voluto riconoscere. Lutero non vide mai l’ebraismo come portatore del messaggio divino, ma come una religione superata dal cristianesimo. Anche Lutero prosegue la teologia della sostituzione.

Scrive Daniele Garrone: “Si trattò di una polemica sul piano teologico. Gli ebrei non riconoscevano nell’Antico Testamento la promessa di Cristo redentore: per Lutero e non solo per lui questa posizione era blasfema, demoniaca; tollerarla equivaleva a rendersi complici. Da questa convinzione teologica proviene la richiesta, politica ed estrema, che Lutero formula alle autorità di espellere gli ebrei e distruggere le sinagoghe”.
Sempre secondo Garrone, la colpa maggiore che il riformatore ha avuto è stata quella di aver fatto sue le accuse che da un migliaio di anni circolavano nel mondo cristiano, e cioè che gli ebrei bestemmiavano Gesù nelle loro preghiere nelle sinagoghe, che commettevano omicidi rituali, che avvelenavano i pozzi. Queste calunnie sono state da Lutero ripetute più volte, senza alcuna verifica, e la sua grande autorità ha fatto sì che diventassero verità assolute.
Dovettero passare diversi secoli prima che le Chiese luterane, sin dal Sinodo di Berlino-Weissensee del 1950, senza ambiguità ribadissero il concetto della Irrevocabilità dell’elezione di Dio, prendendo le distanze senza nessuno imbarazzo dalla teologia di Lutero nei confronti degli ebrei. Nel documento si legge: “Confermiamo: l’elezione della Chiesa non ha preso il posto dell’elezione di Israele. Dio rimane fedele al suo popolo. Quando noi, come cristiani, ci atteniamo al nuovo patto che Dio ha stipulato in Cristo, manteniamo nel contempo fermo che il patto di Dio con il suo popolo Israele è ancora illimitatamente valido (…)”.
Il Sinodo di Magdeburgo del 3-9 novembre 2016 approva il documento Dichiarazione su Cristiani ed Ebrei come testimoni della fedeltà di Dio.
«Exsurge Domine»
Il 15 giugno 1520 papa Leone X risponde a Lutero con la bolla Exsurge Domine, con la quale lo minaccia di scomunica e gli chiede formalmente di ritirare le 95 tesi, fissandogli un termine di sessanta giorni. La bolla, che prevedeva anche il divieto per tutti i Paesi cattolici di stampare e pubblicare le 95 tesi, arrivò nelle mani di Lutero il 10 ottobre 1520. Egli lasciò passare il tempo stabilito dei sessanta giorni e bruciò la bolla assieme a tutti i libri di diritto canonico davanti alla chiesa di Wittenberg.

Leggi il testo completo del saggio di Luigi Rigazzi su La Libertà dell’8 luglio

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