Da Reggio agli Usa: «So Chi mi aspetta»

Intervista a don Daniele Scorrano, in diocesi fin dall’ingresso del vescovo Massimo, in proncinto di partire alla volta della nuova missione di North St. Paul in Minnesota

Sacerdoti della Fraternità San Carlo in arrivo a Reggio, durante questa estate, ma ce n’è uno – in diocesi dall’ingresso del vescovo Massimo – che cambia destinazione. Don Daniele Scorrano, nativo di Gallipoli, classe 1978, terzo di quattro fratelli, è in partenza per il Minnesota. Vogliamo salutarlo, e ringraziarlo, con questa intervista.

Don Daniele, dove sei stato e cosa hai vissuto in questi mesi?
A parte gli ultimi giorni in cui ho fatto un pellegrinaggio in Terra Santa, sono stato in Irlanda, a Dublino, per iniziare a imparare l’inglese per la nuova missione che mi attende. Ho dovuto partire da zero perché a scuola e all’Università avevo studiato solo francese e tedesco… È stata un’esperienza molto importante per i tanti incontri che lì mi sono stati regalati, ma soprattutto perché ho avuto la possibilità di preparare il cuore a questo nuovo sì che il Signore mi chiede.

Cosa ti aspetta ora?
Non so cosa mi aspetta, e da un certo punto di vista non mi sembra neppure essenziale saperlo. So invece Chi mi aspetta: Colui che mi ha amato, mi ha chiamato e mi ha donato di poter vivere assieme ai miei fratelli della San Carlo la Sua vita. La Fraternità apre una nuova casa in Minnesota, precisamente a North St. Paul e don Paolo Sottopietra, il mio superiore, mi ha chiesto la disponibilità a partire per questa nuova missione. L’arcivescovo ci ha affidato la cura pastorale di una parrocchia e di una scuola. Saremo in tre: don Pietro Rossotti, don Ettore Ferrario ed io.

Com’è nata la tua vocazione sacerdotale?
Sarebbe lungo raccontarne la storia. Direi solo che più che una decisione mia è stato innanzitutto un arrendermi all’evidenza di qualcuno che attraverso tante strade – i desideri che mi aveva messo nel cuore, gli incontri che mi aveva fatto vivere e i fatti concreti della vita quotidiana – mi chiamava e con questa chiamata, discreta e paziente, metteva in discussione le immagini che io avevo della mia vita.
Da ragazzo pensavo al mio futuro come marito e padre di famiglia. In realtà sin da bambino, incontrando persone che avevano dato tutta la loro vita a Dio, avvertivo una corrispondenza profonda che non riuscivo a spiegarmi. Ricordo ancora la strana attrattiva che provai quando, da adolescente, ascoltai alcuni frati vicini alla mia parrocchia che raccontavano la storia di san Francesco. Mi affascinava la sua radicalità, questo suo lasciare tutto per qualcosa che evidentemente valeva molto di più di tutte le ricchezze e donava una gioia che nessuna vita mondana era in grado di eguagliare.

Poi?
Di fatto ho scoperto la vocazione sacerdotale soprattutto negli anni in cui insegnavo a Bologna, anni ricchi di incontri e di domande. Anni vissuti accompagnando GS, i ragazzi delle superiori del movimento di CL. Lo sguardo verginale che alcuni amici più grandi avevano sui ragazzi e sulla vita in generale mi ha introdotto alla bellezza di poter amare in un modo diverso, più profondo rispetto a ciò che io pensavo. Improvvisamente niente mi sembrava più attraente che poter entrare anch’io in questo sguardo, che è lo sguardo di Gesù sul mondo. L’ipotesi – che di lì a poco avrei iniziato a verificare con un sacerdote – di poter offrire la mia vita, il mio cuore, le mie mani, la mia bocca, le mie gambe perché Gesù potesse essere conosciuto e amato, perché io potessi conoscerlo e amarlo, perché Egli potesse usarmi per continuare a raggiungere gli uomini e le donne di oggi, riempiva la mia vita di una letizia nuova. Gesù basta per vivere. È tutto ciò di cui abbiamo bisogno e che io cercavo altrove…

E la scelta di entrare nella Fraternità San Carlo?
Dopo aver intuìto la chiamata a essere tutto di Gesù, la forma concreta attraverso cui vivere questa consegna è diventata oggetto di preghiera quotidiana. Durante il cammino del discernimento si era fatta sempre più strada in me l’ipotesi del sacerdozio. Avevo conosciuto dei grandi sacerdoti e desideravo essere come loro. Ma in fondo li vedevo soli, grandi uomini soli. Mentre pregavo che il Signore mi facesse vedere la strada che aveva pensato per me, sono arrivati ad insegnare nella mia stessa scuola due preti della Fraternità, molto diversi tra loro. Questi preti vivevano assieme! Più li frequentavo più mi era evidente che il Signore li aveva messi sulla mia strada per farmi conoscere la casa che Egli da sempre aveva preparato per me. Non erano degli uomini perfetti, non erano dei preti perfetti, ma la comunione oggettiva che vivevano tra loro, il rapporto tra loro e i loro fratelli, la loro casa come luogo generativo della loro letizia e della loro libertà, la passione per la gloria di Cristo e per la felicità degli uomini… La vita degli apostoli con Gesù non doveva essere molto diversa da quella…

Continua a leggere tutta l’intervista di Edoardo Tincani a don Daniele Scorrano su La Libertà dell’8 luglio

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