Caritas: presentati i dati 2016 raccolti dal Centro di ascolto
Sono stati presentati martedì 27 giugno nella sede della Caritas reggiana i dati 2016 sulle povertà raccolti dal Centro di Ascolto diocesano. Pubblichiamo alcuni brani del commento. Il testo integrale, accompagnato dai grafici, è disponibile come contenuto speciale per i lettori dell’edizione digitale.
Dove eravamo rimasti
La presentazione dello scorso anno ha messo in luce una situazione molto delicata, che ha visto nella parola “intrappolati” la sintesi delle sensazioni che vivono le persone che si rivolgono al Centro d’ascolto delle povertà di via Adua a Reggio. Partendo da questa immagine, ci siamo domandati se davvero la povertà potesse essere analizzata attraverso un’iconografia così statica, o piuttosto si dovessero considerare le differenze dei percorsi, in salita e discesa, che hanno intrapreso le persone incontrate in modo differente. In tal senso è nata l’idea di utilizzare l’immagine accanto (prima foto) come metafora della realtà che quotidianamente incontriamo. Una stazione dei treni, in cui ogni giorno partono persone nuove, dove c’è chi sbaglia treno e torna indietro, dove c’è chi viaggia nel lusso senza permetterselo e chi è costretto ad accontentarsi di un posto in piedi. Dove transitano famiglie e persone singole e dove vengono trasportate assieme agli individui anche le loro speranze, le loro attese e perché no anche le miserie. Partendo da questa idea, abbiamo cercato di individuare cosa cambia, in questa metaforica stazione, quali visi nuovi e quali conosciuti e soprattutto cosa ci domanda chi si mette in viaggio:
povertà: singoLI o Famiglia?
Nel corso del 2016 hanno avuto accesso al Centro d’ascolto diocesano complessivamente 970 persone con le quali è stato intrapreso un percorso progettuale fatto di incontri, verifiche e coinvolgimento di altri attori sociali del territorio. A tale numero (che registra un calo rispetto al 2015 dell’11,6%) vanno poi sommate le persone per le quali non è stata fatta la scheda cartacea, in quanto sono state orientate semplicemente al centro di competenza territoriale della diocesi (circa un’ottantina). Il calo numerico in realtà non comporta necessariamente un minore impegno o una minore intensità della povertà, in quanto spesso le situazioni incontrate presentano una cronicità maggiore e di conseguenza una progettualità molto più complessa. A questa prima considerazione si aggiunge la constatazione che dietro una singola persona incontrata c’è spesso una famiglia, in cui sovente sono presenti anche minori, e che ipotizziamo porti ad una complessiva numerosità che si aggira sulle 2.500 persone.
Leggi tutto l’articolo di Alberto Pighini su La Libertà del 1°luglio