Popolazione e territorio: interpretare il cambiamento

Note dall’assemblea della Congregazione Presbiterale di Felina

Lunedì 5 giugno è intervenuto alla 304a assemblea della Congregazione Presbiterale Diocesana di Felina il dottor Gino Mazzoli, psicosociologo esperto di welfare e processi partecipativi. Mazzoli svolge da 25 anni attività di consulenza, ricerca e formazione nell’area del welfare verso enti pubblici, privati e del terzo settore. Mazzoli ha posto da subito due questioni centrali: cosa sta cambiando nella società italiana, a partire dalla crisi economica che ha colpito a partire dal 2009? Cosa c’è all’origine dei cambiamenti che stiamo vivendo? Anzitutto un dato clamoroso, che indica una tendenza difficilmente reversibile nei prossimi anni: l’aumento esponenziale della categoria dei “quasi poveri” o “vulnerabili”: nel 1995 erano solo il 5% della popolazione, oggi sono ben il 30%! è ben vero che i cosiddetti “marginali”, cioè le persone che vivono in condizione di indigenza, che si rivolgono periodicamente o assiduamente ai servizi sociali e alla Caritas per tirare avanti, sono nel medesimo periodo raddoppiati, attestandosi attorno al 5%, ma i problemi maggiori potrebbero venire in un prossimo futuro proprio da quel 30% di popolazione che, con un reddito al limite della povertà, rischiano di doversi rivolgere alle agenzie di sostegno assistenziale.

L’attenzione di Mazzoli si è appuntata su questo 30% di “vulnerabili”, il ceto medio impoverito e incattivito (non senza ragioni). L’ex-ceto medio che manifesta sempre più rabbia contro le istituzioni, colpevoli di aver “rubato loro il futuro”, con ruberie e sprechi. Si tratta di persone che prima del 2009 avevano il lavoro fisso, che potevano far studiare i figli, che si permettevano anche discrete vacanze e che oggi hanno visto drasticamente ridursi queste possibilità. Proprio su questi standard troppo elevati di vita si è poi svolta la seconda riflessione dell’esperto, ricordandone l’origine, ormai 50 anni fa, nella rivoluzione socioculturale del 1968. Nel 1968 si è assistito all’opposizione “permesso-proibito”: i giovani si sentivano compressi da norme e “rovesciarono il tavolo”, rifiutando di netto i cardini della tradizione e della morale fino ad allora vigente, in primis la famiglia.

Leggi tutto l’articolo di Carlo Castellini su La Libertà del 17 giugno

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