Questioni di orgoglio

Da La Libertà del 27 maggio

La continenza espressiva, questa sconosciuta. Già il sistema informativo, di suo, tende a sbilanciarsi appena ha la possibilità di cucinare notizie ad alto tasso polemico, meglio se ripropongono l’antica contrapposizione laici/cattolici. Dacché internet e i social media offrono infinite tribune per commentare e scambiarsi accuse col favore di un sostanziale anonimato, poi, davvero viviamo in un ambiente comunicativo incontinente, nelle parole e nelle immagini.

La continenza espressiva, questa sconosciuta. Già il sistema informativo, di suo, tende a sbilanciarsi appena ha la possibilità di cucinare notizie ad alto tasso polemico, meglio se ripropongono l’antica contrapposizione laici/cattolici. Dacché internet e i social media offrono infinite tribune per commentare e scambiarsi accuse col favore di un sostanziale anonimato, poi, davvero viviamo in un ambiente comunicativo incontinente, nelle parole e nelle immagini.

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Confrontiamo l’attenzione dedicata alla Consacrazione della nostra Diocesi a Maria del 13 maggio con quella riservata all’attesa del “Remilia pride”, il “Gay pride mediopadano”, programmato a Reggio per il prossimo 3 giugno.
Il primo è stato un fatto tutto ecclesiale, sì, ma pubblico, con la ben visibile partecipazione di cinque migliaia di reggiani; sui media però ha avuto l’effetto di una pioggerellina leggera; dopo 24 ore la notizia era già evaporata.
Il secondo evento ci viene proposto da tempo e a più riprese, protetto tra l’altro dalla “benedizione” comunale, con la fanfara di un protocollo per prevenire discriminazioni omofobe di cui, per fortuna, c’è molta più evidenza sulla carta che nella realtà.
Dico subito il mio parere, giusto per sfatare il pregiudizio del silenzio-assenso: non condivido in nulla una manifestazione come il Gay pride, né nella forma – l’ostentazione spesso volgare di una sessualità fine a se stessa, con la proposta esplicita di modelli di affettività addirittura dannosi – né tanto meno nella sostanza, che è ideologico-politica e punta allo sdoganamento anche in Italia del matrimonio egualitario con annesso diritto incondizionato all’adozione.

Detto questo, si tratta di una manifestazione legittima, dato che, sempre per fortuna, il contesto democratico in cui viviamo permette a tutti di esprimere pubblicamente le proprie convinzioni, nel rispetto dell’altrui libertà. Altrettanto legittimo è che gruppi di cattolici organizzino momenti di preghiera “per” le persone che provano un’attrazione sessuale nei confronti di persone dello stesso sesso, secondo sensibilità invero molto differenti: a Regina Pacis si è pregato “con” loro in una veglia per le vittime dell’omofobia, mentre un comitato che recluta adesioni su Facebook intende pregare sempre il 3 giugno in riparazione per il “Remilia pride”, richiamando il disordine intrinseco agli atti omosessuali.
In entrambi i casi, c’è stato un eccesso di pubblicizzazione, ciò che accende ulteriormente le polveri delle due fazioni, senza alcun costrutto.
Con l’aggravante, per il neo comitato, di avere in un primo momento reclamizzato l’iniziativa impegnando la Cattedrale e il nome della beata reggiana Giovanna Scopelli, senza chiedere alcuna autorizzazione né alla Diocesi né all’Ordine Carmelitano.
Alla fine, le spaccature interne al corpo di Cristo che è la Chiesa sono il dato più doloroso. Il punto, per i cristiani, è proprio qui: il bivio tra divisione e comunione.

Concludendo. Non può piacere una manifestazione di orgoglio Lgbt, e non tanto per l’aspetto Lgbt, ma proprio per l’esibizione dell’orgoglio in sé, che resta la radice del peccato originale. Analogamente, non può piacere l’affermazione di un orgoglio di “veri cattolici”, se la verità diventa un’arma da puntare contro altri fratelli o se, come talvolta si ha l’impressione, si cerca di evidenziare quasi un’altra Chiesa, un disagio che diventa opposizione strisciante o palese a papa Francesco.
La fede non è mai questione di orgoglio.
E la Chiesa assomiglia molto più a quel popolo reale, variegato e umile che ha marciato a Reggio la sera del 13 maggio.

Edoardo Tincani