Sabato 27 maggio alle 18 in Cattedrale il vescovo Massimo Camisasca ordinerà quattro nuovi diaconi tra i seminaristi. Sono Alberto Debbi, della parrocchia del Santissimo Salvatore in Salvaterra (unità pastorale di Casalgrande-Salvaterra), Marco Lucenti, della parrocchia del Santissimo Nome di Maria in Tressano (unità pastorale “Madonna di Campiano”, Castellarano), Prince Osei Ampong, della parrocchia della Cattedrale di San Pietro dell’Arcidiocesi di Kumasi (Ghana), e Emanuele Sica, della parrocchia San Francesco di Paola in Reggio (unità pastorale San Giovanni Paolo II) e Comunità sacerdotale Familiaris Consortio.
In queste settimane La Libertà racconta la loro storia di vocazione: già in questo numero, proponiamo le testimonianze di Alberto Debbi e di Prince Osei Ampong. Vicende molto diverse, queste ultime, ma con alcuni tratti in comune: sia Alberto che Prince, infetti, provengono da famiglie numerose, che sostengono il loro percorso verso il sacerdozio, e hanno la bellezza di cinque fratelli; entrambi, inoltre, riferiscono di piccole grandi “profezie” che hanno riguardato il loro avvenire.
Alberto Debbi ha abbracciato la via del sacerdozio lasciando progetti concreti di matrimonio e una carriera medica già brillantemente avviata. Follia? Agli occhi del mondo, forse sì. Per lui è stata una risposta di pienezza a Dio, che l’ha chiamato a diventare pescatore di uomini, a prendere il largo oltre i confini di una casa, di un ospedale, di un paese. Paese che nel suo caso è Salvaterra, dove Alberto è nato il 12 marzo 1976, quarto dei sei figli di Enzo Debbi e Anna Rompianesi, una bella famiglia da sempre impegnata in parrocchia. Scuole elementari a Salvaterra, medie a Casalgrande, liceo scientifico “Spallanzani” a Reggio. “Fin da ragazzo – racconta lui – la mia idea era di fare qualcosa per mettere i doni del Signore a servizio del prossimo. Ricordo che in prima superiore, al ‘don’ che faceva lezione di religione, di getto avevo risposto: «Vengo a scuola per non sprecare i doni che Dio mi ha fatto e farli fruttare per gli altri». Forse era un’illuminazione di quello che sarebbe stato il seguito della mia vita”.
Si aggiunga che già in quinta elementare, aiutando Alberto a fare un tema sulle figure di riferimento, mamma Anna era andata a parare sul prete e aveva dettato al figlio: “Scrivi che se un giorno il Signore ti chiamasse, tu potresti anche dire di sì”. Sesto senso materno?
Leggi tutto l’articolo di Edoardo Tincani su La Libertà del 13 maggio