Parola d’ordine? Ecclesialità

Conosciamo il Gruppo Diocesano di Servizio

Un po’ angeli custodi, un po’ guardie del corpo, con i loro vestiti eleganti, gli auricolari e gli apparecchi radio pmr446, come da normativa vigente, per comunicare a distanza (quindici gli apparati in dotazione). Tutti li abbiamo visti in questi anni alle celebrazioni diocesane, ma sono anche un “fenomeno” da esportazione, in Italia e all’estero, che oggi può contare su una sessantina di volontari, tutti maggiorenni. L’apprezzamento per il loro impegno gratuito è generale. Qualcuno ogni tanto si mette a discutere di pass e di divieti d’accesso, ma sono obiezioni da preventivare: non manca mai chi pensa di avere più ragione del prossimo. Molti, invece, li ringraziano espressamente. Parliamo del Gruppo Diocesano di Servizio (GdS), una realtà consolidatasi nel tempo, a tal punto che si doterà a breve di un proprio statuto ecclesiale, in via di definizione.
I compiti più spesso richiesti sono di controllo, di accoglienza e di supporto al personale medico, ma pure liturgici, logistici e organizzativi, tutti mirati al servizio degli enti organizzatori e, soprattutto, delle persone che scelgono di prendere parte a un determinato evento.

Giovedì 6 aprile monsignor Massimo Camisasca ha accolto i rappresentanti del GdS in episcopio e nella cappella ha presieduto la santa Messa delle 18.30, concelebrante il segretario don Umberto Tagliaferri. Un’occasione per ringraziarli del loro servizio alla Chiesa locale ma anche per introdursi alla Settimana Santa a partire dalle letture del giorno: nel brano della Genesi ad Abramo viene assicurata una generazione di figli senza fine, mentre nel vangelo Gesù dice che chi lo segue non vedrà la morte. “Le due esperienze sono la stessa”, ha commentato il Vescovo, ricordando come la certezza di avere dei figli per Israele fosse legata alla sicurezza di potere restare sulla terra. Ma Gesù va in profondità e svela il contenuto più ricco della promessa di Dio, che è la vittoria sulla morte. Non vinciamo la morte perché abbiamo dei figli o per la gloria che possiamo ricevere per le nostre opere sulla terra, ma perché partecipiamo della risurrezione di Gesù, ha spiegato il pastore.

Leggi il testo integrale dell’articolo di Edoardo Tincani su La Libertà del 15 aprile

Monza



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