Il catechista: portatore di annuncio

La Chiesa annuncia
“Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28,19-20). La conclusione del Vangelo di Matteo non lascia adito a dubbi: missione essenziale della comunità cristiana è l’evangelizzazione di tutti gli uomini. L’annuncio della Buona Notizia è, dunque, primariamente un compito affidato a tutta la Chiesa in quanto tale, è ciò che ne costituisce il senso e l’identità profonda. Ancor prima di una distinzione interna di carismi e ministeri, la comunità cristiana manifesta la consapevolezza di essere portatrice, per il fatto stesso di esistere, di un messaggio di salvezza destinato a tutta l’umanità. Più profondamente dobbiamo affermare che è la stessa Parola di Dio a convocare e costituire la Chiesa: la Parola di cui la Chiesa si rende annunciatrice, le è superiore, è la sua stessa origine. Il racconto degli Atti degli Apostoli è emblematico in questa convinzione: la Parola di Dio precede l’azione apostolica dei missionari, è essa stessa che si diffonde e cresce nelle regioni dell’Impero (cfr. At 6,7; 12,24; 13,49). Il legame tra Chiesa e Parola annunciata è dunque inscindibile e fondante: la Parola di Dio raduna ed edifica la Chiesa, la Chiesa ascolta e annuncia la Parola.

L’apostolo Paolo nella Lettera ai Romani afferma con chiarezza la responsabilità ecclesiale dell’annuncio della buona notizia e della sua organizzazione: “Dice infatti la Scrittura: …Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati?” (Rom 10,11-14).

Continua a leggere tutto l’articolo di don Stefano Borghi su La Libertà dell’1 aprile

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