Alleanza europea e Ue da rinsaldare

60 anni dopo, quale interesse per l’agricoltura?

Il 60° anniversario del Trattato di Roma del 1957 diventa l’occasione per proporre ai cittadini italiani il rinnovo dell’alleanza con gli ultimi contadini, sempre indispensabili per ottenere cibo sufficiente dal terreno agricolo rimasto dopo le urbanizzazioni e gli abbandoni in collina e montagna.
Dagli anni ’90 la Ue attua la Politica Agricola Comune con l’aiuto diretto in base alle superfici coltivate e con gli incentivi per le innovazioni erogati in egual misura in ogni Paese secondo le regole del Piano di Sviluppo Rurale. A questo scopo altri Paesi hanno messo in funzione dei servizi pubblici efficienti, invece il nostro apparato statale per ricerca-sviluppo lavora per l’industria e quello regionale si limita a emanare bandi dopo aver lasciato ai privati le funzioni di assistenza e progettazione per le aziende. In Germania, Francia, eccetera si mira attentamente al cambiamento di ogni tipo di zona e settore agricolo, i tecnici pubblici progettano in modo coerente e gratuito gli interventi, i benefici arrivano prima e gli Stati si preoccupano in vari modi di tutelare l’azienda agricola familiare, perno del sistema agroalimentare in ogni parte del mondo. In Italia domina l’ideologia di ridurre il valore del prodotto agricolo, sceso mediamente a meno del 10% di quanto paga il consumatore, per dilatare i costi di confezionamento, promozione, distribuzione, sicché l’alimento si trova svuotato di qualità, riempito di sostanze che hanno scarso valore (acqua, grasso, zucchero), addizionato di pesticidi e conservanti.

Continua a leggere il contributo di Enrico Bussi, dell’associazione «Rurali Reggiani», su La Libertà del 18 febbraio

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