Rivelazione e Creazione

«In principio Dio creò…»

“Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra”: con queste parole professiamo ogni domenica la nostra fede in Dio, Padre perché Creatore, ma sono parole espresse senza essere pre-sentite nella nostra quotidianità e così cestinate. È quanto attesta il nostro stile di vita distratto dinanzi allo splendore dell’opera del Creatore: a volte, quando ci concediamo tempo e spazio, sappiamo anche contemplare la Bellezza che ci avvolge, ci sostiene, ci inabita e ci sovrasta, ma il più delle volte si tratta di una contemplazione fulminea, passeggera. Per il credente non è questa la contemplazione che lo deve caratterizzare: “Il mondo non si contempla dal di fuori, ma dal di dentro, riconoscendo i legami con i quali il Padre ci ha unito a tutti gli esseri” (Laudato si’ 220). Si tratta di una contemplazione coinvolgente che si prolunga in un’effettiva conversione ecologica (LS 216-221), effettiva perché affettiva, che sa accogliere e testimoniare la fraternità universale (LS 228).
Il Credo apre le danze della lode a Dio, Padre Creatore, dando voce alla Scrittura che si apre con l’inno liturgico rivolto a Colui che disse e tutto av-venne: sostiamo sui primi versetti di Gen 1, per aprirci allo stupore e al ringraziamento.

“In principio Dio creò il cielo e la terra”. Può essere interpretato quale titolo non solo di Gen 1, ma di tutta la Scrittura: è l’annuncio del Dio Vivente, Origine originante di tutto ciò che esiste. Egli è prima del tempo, dello spazio e di ogni creatura. L’inno, che scandisce il susseguirsi dei giorni e delle opere, è il frutto del sapere evocativo/sapienziale che ha sentito, in/attraverso le creature, la prossimità di Colui che sta al di sopra del firmamento. L’universo parla del Creatore, dà voce alla Parola, annuncia la sua Provenienza ed il suo Destino/Compimento.
È voce per larghi tratti silenziosa, che per essere intesa richiede un ascolto empatico, il solo in grado di sintonizzarsi con il linguaggio teologale inscritto nelle creature.
Non s’impara sui libri, perché è frutto di un prolungato silenzio, di una costante meditazione, di uno sguardo contemplante. Papa Francesco richiama a questo riguardo san Bonaventura: “la contemplazione è tanto più elevata quanto più l’uomo sente in sé l’effetto della grazia divina o quanto più sa riconoscere Dio nelle sue creature” (LS 233).

Continua a leggere l’articolo di Roberto Pinetti nella pagina Teologia su La Libertà dell’8 ottobre

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