Oltre 4000 condanne a morte eseguite nel 2015

Spetta ancora alla Cina, repubblica popolare, il podio più alto nell’orribile graduatoria dei paesi boia nel mondo: nel 2015 ha avuto il ben triste primato di 2400 esecuzioni capitali, seguita da Iran e Pakistan, che nei primi sei mesi di quest’anno è stato però superato dall’Arabia Saudita, tutti e tre paesi islamici.

Dati tremendi quelli che l’annuale rapporto di “Nessuno tocchi Caino”, presentato il 3 agosto scorso a Roma, contiene. Veramente il boia è sempre all’opera! Aumentano le esecuzioni capitali, a fronte di un aumento dei paesi abolizionisti; il timore è che dopo il golpe anche la Turchia di Erdogan introduca nel suo ordinamento la pena capitale.

Nel 2015 le esecuzioni a livello mondiale hanno raggiunto quota 4.040 in aumento rispetto al 2014, quando ne sono state contate 3.576. Il significativo aumento delle esecuzioni nel 2015 rispetto al 2014 si giustifica con l’incremento registrato in Iran, Pakistan e Arabia Saudita. Nel 2015 i Paesi che hanno fatto ricorso alle esecuzioni capitali sono stati 25, rispetto ai 22 del 2014; altro dato drammatico è che ben il 98% delle esecuzioni è stato eseguito in 12 Stati dell’Asia.

Nel primo semestre 2016 sono già state eseguite almeno 1685 esecuzioni capitali in 17 Stati, tra cui sei in Corea del Nord.

Nel 2015, non si sono registrate esecuzioni in 3 Paesi: Bielorussia, Guinea Equatoriale e Palestina (Striscia di Gaza), che le avevano effettuate nel 2014; mentre nel primo semestre 2016, non si sono registrate esecuzioni in Ciad, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Giordania, India, Indonesia e Oman, che le avevano effettuate nel 2015. Viceversa, 5 Paesi, che non avevano effettuato esecuzioni nel 2014, le hanno riprese nel 2015: Indonesia (14, tutti per reati di droga; svuotare in tal modo il braccio della morte dai detenuti per tali reati era una delle promesse elettorali del nuovo presidente indonesiano Joko Widodo che si è insediato nell’ottobre 2014), Ciad (10), Bangladesh (4), Oman (2) e India (1). Altri 3 Paesi, che non avevano effettuato esecuzioni nel 2015, le hanno riprese nel 2016: Botswana (1), Bielorussia (1) e Palestina – Striscia di Gaza – (3).

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Seppure non sia possibile confermarlo, scrive “Nessuno tocchi Caino”, è probabile che esecuzioni “legali” siano avvenute anche in Siria nel 2015 e in Sudan, Vietnam, Siria e Yemen nei primi sei mesi del 2016.

Anche se sensibile risulta negli anni il calo delle esecuzioni capitali in Cina: 12mila nel 2002, 6500 nel 2007 e 3000 nel 2012, lo sterminato Paese asiatico può vantare nel 2015 il ben triste primato di una media di circa 200 esecuzioni al mese, oltre 6 al giorno.

Non è certamente da meno l’Iran: lo scorso anno sono state impiccate 970 persone e nei primi sei mesi del 2016 ne solo già salite sul patibolo ben 246; dal 1 luglio 2013, cioè da quando il presidente Rohani – accolto a Roma con tutti gli onori dal governo a gennaio, fino a coprire statue di nudi maschili e femminili in Campidoglio – è al potere, al 31 dicembre 2015 si contano in Iran ben oltre 2200 prigionieri giustiziati con il cappio al collo.

Anche il Pakistan non sfigura: nel solo 2015 ha mandato al patibolo 326 condannati e nei primi sei mesi di quest’anno altri 75.

Decapitazioni in netto aumento in Arabia Saudita: 159 condannati nel solo 2015, di cui 72 stranieri (tra cui tre donne); da gennaio a giugno 2016 la spada del boia ha giustiziato ben 95 persone, di cui 20 stranieri compresa una donna.

Sempre nei primi sei mesi di quest’anno sono state eseguite 55 condanne in Iraq (in tutto il 2015 erano state 30) e 14 negli USA; se questi ultimi abolissero la pena morte tutto il continente americano sarebbe sgombro da questa orribile pratica, purtroppo presente anche in Europa: la Bielorussia continua a utilizzarla.

In Somalia, nel 2015, sono state effettuate almeno 25 esecuzioni; altre 13 esecuzioni sono state effettuate nel 2016. In Egitto sono state impiccate almeno 22 persone nel 2015.

Dal rapporto 2016 ”Nessuno tocchi Caino” risulta che i Paesi che hanno abolito la pena capitale assommano a 160, di cui 104 totalmente abolizionisti, 6 per crimini ordinari e altrettanti che hanno deciso una moratoria; 44 quelli abolizionisti di fatto che da dieci anni non procedono ad effettuare condanne capitali; sono scesi a 38 gli Stati mantenitori della pena di morte; di cui ben 32 sono dittature e in 21 di queste è stato eseguito il 99% delle condanne (4002). Il restante è stato eseguito in sei Stati che il rapporto definisce di “democrazia liberale”: USA (28), Taiwain (6), Giappone (3), India (1).

Nel 2015 e nei primi sei mesi del 2016, altri 6 Paesi hanno rafforzato ulteriormente il fronte a vario titolo abolizionista: Costa d’Avorio, Figi, Mongolia, Nauru e Suriname hanno abolito totalmente la pena di morte; lo Zimbabwe ha superato i dieci anni senza effettuare esecuzioni e quindi può essere considerato un abolizionista di fatto. Negli Stati Uniti, nel maggio 2015 il Nebraska è diventato il diciannovesimo Stato della federazione ad abolire la pena di morte e il settimo a farlo negli ultimi otto anni. In altri quattro Stati – Washington, Colorado, Pennsylvania e Oregon – i governatori hanno sospeso le esecuzioni a causa degli evidenti difetti che connotano il sistema capitale. Ciad e Oman hanno ripreso le esecuzioni dopo, rispettivamente, 12 e 6 anni di moratoria di fatto.

g.a.rossi