Dal libro “Come guardare la storia” di Daniele Semprini (sottotitolo “Linee guida per comprendere la formazione della mentalità contemporanea”), recensito su La Libertà del 30 luglio scorso, per gentile concessione pubblichiamo gran parte dell’ultimo capitolo intitolato “L’Europa e i regimi totalitari”.
Le conseguenze dell’evento epocale che fu la Prima Guerra Mondiale determinarono il terreno storico su cui nacquero i regimi totalitari. Per “evento epocale” si intende un evento che stabilisce una linea netta di confine tra due epoche che si differenziano nei modi di sentire la vita, la società, la storia.
C’è una questione storiografica preliminare da affrontare prima di procedere.
Fino alla caduta del comunismo, ufficialmente, non si parlava di “totalitarismi”, ma di “regimi autoritari”, identificati con quello fascista e quello nazista; il comunismo, invece, quello russo e dei Paesi ad esso legati, era definito con il termine “democrazia popolare”, con cui si sottolineava la diversità rispetto alla democrazia capitalistico-borghese dei Paesi occidentali. Si sosteneva tale tesi anche dopo la pubblicazione dell’opera fondamentale di Hannah Arendt intitolata Le origini del totalitarismo, avvenuta nel 1951. Da allora, soprattutto dopo la caduta del muro di Berlino, il termine “totalitarismo” si è diffuso e rappresenta, oggi come oggi, un giudizio condiviso da quasi tutti gli storici di destra e di sinistra per indicare i regimi autoritari, quello comunista compreso.
Leggi tutto il saggio di Daniele Semprini su La Libertà del 6 agosto