Parlare di don Guglielmo e ricordarlo non è un’impresa facile. Provo a tratteggiare qualcosa. Innanzitutto don Guglielmo aveva una fede indomita, virile, mai sdolcinata o melliflua, ma sempre legata alla realtà, alla vita della sua gente. Era un uomo generoso, la sua carità era al limite “delle mani bucate”. La sua amicizia con don Mario Prandi (di cui era anche confessore) è testimonianza di un comune intento a dare senza riserve, certi che la Provvidenza provvederà il centuplo di ciò che si dà.
Era affettuoso e premuroso, molto attento alle necessità e alle ricorrenze delle persone a lui più care o che gli si rivolgevano come confidente, confessore, amico. Era aperto e accogliente con tutti, anche con le persone in situazioni meno “regolari” o meno “ordinate”: pur senza uscire dall’ortodossia della Chiesa, che ha sempre sentito come Autorità superiore, era libero di accogliere tutti e ciascuno nei propri dolori, tormenti, fragilità e peccati.
è stato un vero anticipatore dei tempi: già mezzo secolo fa si batteva contro il moralismo a favore della misericordia, quella stessa misericordia che Dio usa coi suoi figli, per i quali non ha esitato a risparmiare nulla, neppure il Suo unigenito Figlio. E se Dio ci ha amati così – commentava il don – potrà mai lasciare perdere anche uno solo dei suoi piccoli?
Leggi l’articolo integrale di Elena Ferrari su La Libertà del 6 agosto