Ecco le nuove sale del ministero pastorale per le comunità parrocchiali di Montecchio

Inaugurate in aprile, sono state realizzate col fondamentale apporto dei contributi dell’8xmille

Nell’ottobre 2010, quando fu nominato parroco a Montecchio, don Corrado Botti – che arrivava dall’esperienza pastorale a Cavriago – raccoglieva il testimone della comunità affidatagli dal confratello don Vasco Rosselli. Quest’ultimo, negli anni che precedettero di poco l’arrivo di don Corrado – nel periodo all’incirca fra il 2005 ed il 2007 – insieme con i suoi collaboratori si era interrogato sul futuro degli ambienti della parrocchia di San Donnino: “Cos’è che realmente serve, oggi, a questa comunità – ci si era chiesti – per costituirla tale?”.
E la risposta era stata chiara: uno spazio rinnovato, che accolga le persone, che consenta loro di incontrarsi, a partire dalla disponibilità di aule per il catechismo (sino a quel momento ospitato in toto, grazie alla loro generosità, dall’Istituto delle Dorotee); questo perché la parrocchia di per sé non aveva di fatto spazi sufficienti a disposizione da destinare a quell’attività.
Uno dei grossi dilemmi era stato l’abbattimento o meno del cinema parrocchiale, che a partire dal secondo dopoguerra aveva costituito un punto di riferimento e di aggregazione per questa comunità. L’intuizione di far edificare un oratorio era venuta, sin da prima della seconda guerra mondiale, a monsignor Attilio Alai, il quale aveva al riguardo fatto approntare all’architetto Enea Manfredini un progetto; fino a quel momento infatti esisteva unicamente una struttura, chiamata “Casa dell’Agricoltura”, che era l’espressione di una lettura dei bisogni sociali del periodo immediatamente successivo alla Grande Guerra.
Essa ospitava, fra le altre cose, diversi macchinari agricoli che venivano noleggiati a quei contadini che non potevano permettersi di comprarli, consentendo loro, in questo modo, di lavorare la terra e di sostentarsi.
Poi arrivò il secondo conflitto mondiale e tutto si fermò. Ma negli anni Cinquanta, il parroco don Ennio Caraffi portò a compimento l’intuizione dell’Oratorio, affiancando a esso una sala-cinema e facendo sorgere contemporaneamente una Casa della Carità. Quel cinema indubbiamente ha costituito per diversi decenni un punto di riferimento, ma ancora una volta occorreva comprendere, per il vero bene della comunità, per il suo futuro, che cosa fare.

Continua a leggere tutto l’articolo di Matteo Gelmini su La Libertà del 28 maggio

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